Il Mandylion

Il Mandylion, o Immagine di Edessa, era un telo che si venerava tra le comunità cristiane orientali. Su questo telo si diceva essere impresso il volto del Cristo. Dal momento che si pensava fosse di origine miracolosa, era appellata acheropita, vale a dire "non fatta da mano umana".
Inizialmente il Mandylion era conservato ad Edessa di Mesopotamia (oggiUrfa, in Turchia), da qui venne traslato a Costantinopoli dove rimase fino al 1204, quando se ne persero le tracce nel saccheggio della città a seguito della IV crociata.
Eusebio di Cesarea, a proposito del telo, narra che il toparco (cioè governatore o re) di Edessa Abgar V Ukkama ("il Nero"), era malato di lebbra e di gotta. Aveva provato ogni rimedio e consultato diversi medici senza ottenere alcun risultato. Saputo che Gesù operava miracoli gli mandò un suo inviato, Hanna (o Anania) a chiedergli di recarsi ad Edessa. Gesù non andò, ma inviò al suo posto una lettera. Un'altra fonte narra, invece, cheAbgar volle che gli fosse recapitato un ritratto di Gesù, per cui il messaggero che aveva inviato doveva osservare le sue sembianze per riprodurle. Gesù, però, consegnò al messo un asciugamano sul quale si era asciugato il viso lasciandovi l'impronta. L'asciugamano sarebbe stato, poi, ripiegato quattro volte doppio (ràkos tetràdiplon) e sarebbe stato chiamato sindon omandylionAbgar, ricevuto il telo miracoloso, guarì dalla sua malattia.
Giovanni Damasceno (morto nel 749), menziona l'immagine quando scrive in difesa delle icone. Egeria, pellegrina ad Edessa ne 384, riferisce che il vescovo della città, nel farle visitare i luoghi più importanti, la condusse allaPorta dei Bastioni dalla quale era entrato Hanna, il messo di Abgar. Ma non fa menzione dell'immagine miracolosa.
La prima menzione esplicita del Mandylion risale a Niceforo Callistas che, nel suo "Storia Ecclesiastica", racconta l'invio dell'icona a re Abgar, senza ulteriori specificazioni
Al VI secolo d.C. risale un'informazione più completa, riguardante la presenza del Mandylion ad Edessa. Nel 544 la città subì l'assedio dei Sasanidiguidati da Cosroe I Anushirvan. Una visione si presenta ad Eulavio, vescovo della città: l'esistenza della sacra immagine celata in un muro. Secondo le fonti storiche, il Mandylion sarebbe stato rinvenuto, durante i lavori a seguito di una terribile inondazione del Daisan, il fiume che attraversa Edessa, in una nicchia dentro un muro sovrastante una porta città. Procopio di Cesarea accenna a questa inondazione. Altri autori ritengono, invece, che il Mandylion sia, in realtà, la Sindone e sia giunta ad Edessa solo nel 540, proveniente da Antiochia, assediata, a quel tempo, sempre da Cosroe I.
Il Mandylion rimase ad Edessa anche quando la città fu occupata dai musulmani. Temendo, comunque, per la sua sorte, nel 944 il domestikos(generale) bizantino Giovanni Curcuas, in cambio di 200 prigioneri musulmani e 12.000 corone d'oro, riuscì a riprendere il Mandylion ed a portarlo a Costantinopoli, dove il suo arrivo fu celebrato solennemente dalbasileus Costantino Porfirogenito.
Nel 1204 la IV crociata si concluse con il saccheggio di Costantinopoli e la sparizione del Mandylion, di cui si sono per sempre perse le tracce. La reliquia fu descritta, per l'ultima volta, con dovizia di particolari dal cavaliere picardoRobert de Clary nel suo "La conquete de Constantinople". De Clary aveva partecipato alla conquista della città.
Esistono, ad oggi, due oggetti che si contendono il titolo di vero Mandylion: uno si trova a Genova e l'altro a Roma. Ma sono oggetti la cui datazione storica risale rispettivamente al XIV ed al XVII secolo. Anche la Sindone custodita a Torino è, da molti, ritenuta il vero Mandylion.

fonte
Leggi tutto...

Artico, 3 milioni di anni fa come ora

Durante il medio Pliocene le temperature della superficie del mare Artico erano tra 10 e 18 °C , mentre le temperature attuali sono vicine a 0 °C
Sempre più evidenze scientifiche corroborano l'ipotesi che l'Artico potrebbe in un prossimo futuro affrontare una stagione calda priva di ghiacci e temperature medie molto più elevate. L'ultimo allarme in ordine di tempo viene dalla U.S. Geological Survey, i cui ricercatori hanno analizzato le prove paleoclimatiche sulla base delle quali si è potuto evincere che, nel corso del periodo caldo del medio Pliocene, tra 3,3 e 3 milioni di anni fa, l'Oceano Artico e il Mare del Nord erano troppo caldi per mantenere il ghiaccio sul mare anche nella stagione estiva.
Tale periodo è caratterizzato da temperature calde simili a quelle previste per la fine di questo secolo ed è perciò utilizzato come modello per cercare di prevedere le condizioni future sulla base anche dei trend di variazione climatica attuale.
Nel corso dello studio, si è trovato che durante il medio Pliocene le temperature della superficie del mare Artico erano tra 10 e 18 °C , mentre le temperature attuali sono vicine a 0 °C.
La perdita di ghiaccio marino potrebbe avere conseguenze varie ed estese, come il contributo all'ulteriore riscaldamento dell'Artico, l'accelerazione dell'erosione costiera a causa dell'incremento dell'attività delle onde, l'impatto sui grandi predatori (orsi polari e foche) che dipende dalla copertura di ghiaccio del mare, l'intensificazione dei fenomeni meteorologici alle medie latitudini e l'aumento delle precipitazioni invernali nell'Europa occidentale e meridionale, oltre a minori precipitazioni nell'America occidentale.
“Se si guarda indietro a ciò che è avvenuto 3 milioni di anni fa, si osserva un differente schema di distribuzione del calore rispetto a oggi, con acque molto più calde alle alte latitudini”, ha spiegato Marci Robinson dell'USGS. “La mancanza di ghiaccio marino durante l'estate nel corso del medio Pliocene suggerisce che la fusione record del ghiaccio artico registrata nel corso degli ultimi anni possa essere un segnale premonitore di significative trasformazioni che potranno sopravvenire”.
Leggi tutto...

La caccia al numero perfetto per trovare il senso della vita


Armonia, proporzione. Quel qualcosa che consente a una forma, a un oggetto o ad un essere vivente, di espletare al meglio le sue funzioni e, perché no, di avvicinarsi il più possibile all’ideale della bellezza. Quella bellezza che l’occhio percepisce istintivamente e il cervello fa così fatica a trasformare in concetto razionale e replicabile.
Ecco quello che gli uomini, in qualità di artefici, cercano da sempre e che la natura, ed eventualmente il suo Grande architetto, portano nascosto dentro di sé. E così per secoli, anzi per millenni, si è scatenata la caccia alla formula, al numero perfetto che spiegasse il meccanismo del creato, la sua «divina proporzione». Un numero che, una volta scoperto, avrebbe consentito di fare propria la logica creatrice che sovrintende al mondo come lo conosciamo.
Così gli antichi pitagorici si misero a studiare le proprietà del cinque e del pentagono. Così i cabalisti, prima, e gli alchimisti, poi, si misero a studiare il rapporto tra testo sacro e numeri (in ebraico ogni lettera equivale anche a una cifra). Senza contare i pittori-filosofi dell’umanesimo che cercarono di trasformare un preciso rapporto numerico conosciuto come «sezione aurea» e corrispondente a 1,618 in una sorta di metro del mondo.
Tutte semplici leggende? Tentativi rudimentali, ben diversi dalla scienza sperimentale contemporanea, di trovare una regola occulta in un caotico mondo dove regola non c’è?
No. È di questi giorni la notizia che una serissima università austriaca ha compiuto uno studio che dimostrerebbe che vive molto più a lungo chi ha un rapporto tra pressione minima e massima pari a 1,618 (insomma per intenderci sta gran bene chi fa 74 di minima e 120 di massima oppure chi fa 77 di minima e 125 di massima). Guarda caso proprio quel numerino che corrisponde alle proporzioni dell’uomo leonardesco e alle ricerche che, dai pitagorici in poi, hanno portato sino alla dottrina degli gnostici del rinascimento. Non solo: il magico 1,618 compare nei rapporti che determinano la struttura di molti altri esseri viventi. Tanto per dire detta la regola logaritmica che spiega la crescita del guscio dei molluschi o delle chiocciole o anche il modo in cui le piante «scelgono» quanti petali avere.
Abbastanza da far spalancare, metaforicamente, la bocca a Vittorio Messori che ne ha dato notizia sul Corriere della sera, e abbastanza per chiedersi se quel numero non sia l’impronta digitale del Deus Absconditus che da sempre un po’ si nega un po’ si rivela all’uomo (divertendosi a lasciarlo lì, indeciso). La questione di Dio non la risolveremo certo qui, sulla presenza di un numero perfetto (o di più numeri magici e perfetti), invece, qualcosa si può dire.
Il primo dato di fatto è semplice: ci sono dei rapporti numerici che davvero identificano «qualcosa» di importante e senza i quali le cose non funzionano. Alcuni sono nascosti ed altri no. Alcuni sono noti dall’antichità, magari in maniera intuitiva, altri da molto meno tempo. Un esempio abbastanza recente. La materia trova la sua «pace» sulla base del numero otto. I chimici la chiamano regola dell’ottetto: se un atomo ha otto elettroni nella sfera esterna smette di reagire con gli altri elementi (succede ai gas nobili). Otto in quel contesto è il solo numero che va bene, quello che regola la chimica, il numero dell’equilibrio. Se il neon non brucia al passaggio della corrente lo dovete a questo.
Leggi tutto...

Nuove immagini subacquee da Yonaguni, la mano dell’uomo è evidente


Nuove immagini della  costruzione a gradini in fondo al mare che sembra risalire a 10 mila anni fa. Le ultime ipotesi, accreditano il fatto che la struttura più grande, sia di origine naturale, ma poi tagliata e lavorata da un popolo misterioso, a fini religiosi, prima della fine dell’ultima glaciazione.
2959987397_8cfc864f39_o1Al largo della piccola isola giapponese di Yonaguni, a sud-ovest di Okinawa, si erge immersa nel silenzio delle profondità marine una misteriosa e imponente struttura di pietra.
mizo_stairs2La forma è rettangolare e ricorda quella delle ziggurat, le torri templari della Mesopotamia antica, costruite a gradini su larghe piattaforme, con un santuario in cima e una scalinata d’accesso esterna.
728487076_3864b2f865“La mancanza di detriti da erosione intorno alla facciata con gradini fa supporre che non sia stata creata dalla natura.” Giace a oltre 22 m di profondità, al largo dell’isola giapponese di Yanoguni.
728487440_042e3230b5La struttura ha quasi le stesse dimensioni della piramide di Cheope di Giza (Egitto), c ostruita più di 5000 anni fa.
1146616603_b95691a5a3Se fatta dall’uomo dovrebbe risalire ad almeno 10 mila anni fa, prima di essere sommersa dopo l’ultima glaciazione. La costruzione è lunga circa 200 metri e alta una trentina e si potrebbe far risalire a 8 mila anni a.C.
yonaguniSe così fosse, significherebbe che la più grande piramide di Egitto, quella di Cheope a Giza, è stata costruita 5 mila anni dopo e che in questa parte del mondo è esistita una civiltà sconosciuta agli archeologi.
back_mod2Ad avvistare quella singolare struttura, a oltre 22 metri di profondità, erano stati una decina di anni fa subacquei locali.
213769870_ea67a5ce28Pensarono a un fenomeno naturale, una struttura creata dall’erosione del mare e dal tempo.
1413045983_4fe60d2350Masaki Kimura, geologo all’università Ryukyu di Okinawa, è stato il primo a condurre ricerche sul posto e a stabilire che si trattava invece di una costruzione a cinque strati eseguita dall’uomo.
2614515679_765d0e1dcb«Se fosse opera della natura, dovrebbero esserci attorno i detriti prodotti dall’erosione, invece non ce n’è traccia.
2615345254_840629914bAnzi, lungo il perimetro della struttura sembra correre una strada che può essere stata aperta solo dall’uomo» ha detto Kimura al The Sunday Times.Nell’aprile del ‘98 Robert Schoch, geologo all’università di Boston, ha compiuto delle immersioni per farsi un’idea dell’enigmatica costruzione.2615345342_f32bea974a«Scavatì nella roccia ci sono tanti gradini alti un metro. Impossibile che un’opera simile sia dovuta all’erosione dell’acqua e, tanto meno, ad assestamenti di rocce che rompendosi hanno creato una struttura così articolata, lineare e perfetta» afferma Schoch.
main_steps2Se ciò non bastasse, nella zona circostante i ricercatori hanno trovato delle miniziggurat, anch’esse con gradini, larghe dieci metri e alte due.«E’ presto per dire chi abbia costruito la struttura più grande e perché. Potrebbe essere un tempio dedicato a un dio dell’antichità. In tal caso sarebbe la prova dell’esistenza di una inedita civiltà. E non esistono testimonianze di un popolo sufficientemente intelligente per costruire un simile monumento 10 mila anni fa» dice Kimura, «Una costruzione così prevede un popolo con un alto grado di tecnologia, che forse proveniva dal continente asiatico, culla delle più antiche forme di civilizzazione.
64576062_8d00e89dc6L’ipotesi più verosimile è che si tratti di una struttura costruita su un terreno poi sommerso alla fine dell’ultima era glaciale. Ma le prime tracce di civiltà in Giappone risalgono al neolitico, circa 9 mila anni a.C,, e gli uomini primitivi di quell’epoca erano cacciatori-raccoglitori. Mancano reperti che provino la presenza a quel tempo di una cultura così evoluta da costruire una struttura simile a una ziggurat. Dal momento che il «templio» di Yonaguni somiglia ai monumenti più antichi del Sud America, forse ciò spiega perché i siti archeologici più antichi del Nuovo mondo siano in Cile e non nel Nord America.
untitled-12Jim Mower, archeologo all’University college di Londra, sostiene che se la struttura risale davvero a 10 mila anni fa ed è opera dell’uomo dovremo rivedere la storia della civiltà nel Sudest asiatico. «Coloro che hanno costruito il monumento possono essere messi sul medesimo piano con l’antica civiltà della Mesopotamia» dice Mower.
fonte
Leggi tutto...

Ayla e la lettera del diavolo



 

1912, Turchia, Istanbul...
Nel villaggio Shumasch sapevano tutti che Ayla era maledetta.
Nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a lei, perché in lei si celava la morte.
Suo padre era stato sgozzato, la sorella mangiata da un cannibale, il fratello trucidato e gettato in pasto agli animali...La gente considerava Ayla una peccatrice assoggettata al volere del demonio...
Le rimaneva soltanto la madre, unico affetto in una vita che non le apparteneva più.
Non aveva desideri, se non quello di essere accolta nella casa del Signore, all'imbrunire del sole, quando sarebbe stata finalmente giudicata e perdonata.
Ayla voleva percorrere il sentiero di Dio, voleva diventare una suora per aiutare la sua gente.
Ma vi era qualcosa che le impediva di realizzare le sue volontà.
L'angelo della morte era avvolto dalle tenebre, perché ovunque egli andasse, l'oscurità consumava la luce.
“ Questa è la lettera del diavolo”.
Le disse guardandola negli occhi, riuscendo quasi a penetrare la sua anima.
“ Il diavolo vuole che tu firmi questa lettera, che tu ceda alle sue lusinghe, che tu sia la sua mano nel mondo degli essere umani”.
La lettera del diavolo era stata scritta con il sangue di un'innocente.
Ayla non poteva leggerla, perché non conosceva la lingua utilizzata.
Improvvisamente ebbe una raccapricciante visione, vide sua madre, impiccata ad un albero nel giardino di casa, con l'angelo avvolto dalle tenebre che raccoglieva il suo sangue in un'antica coppa di vetro satinato.
“ Hai scritto questa lettera con il sangue di mia madre!”
Dalla sua bocca uscì un grido assordante, che le procurò un dolore immane alla gola.
Scappò via, sino a quando non si ritrovò dinnanzi alla Chiesa.
Vi entrò e correndo raggiunse il confessionale.
Il parroco la conosceva da anni, l'aveva vista crescere. Ayla aveva bisogno di ricevere il suo perdono, di essere assolta.
“ Il diavolo mi insegue! Ho perduto anche mia madre!”
“ Dimmi Ayla, cosa è accaduto!”
“ Il diavolo mi sta tentando, crede che cederò alle sue lusinghe, ma io voglio rimanere pura. Non voglio diventare un mostro, non lo voglio Padre!”
Nessuna risposta giunse dall'altra parte del confessionale.
Ayla credette di non meritare il perdono.
“ La prego Padre. Il Signore è compassionevole, mi aiuti...La prego!”
Il silenzio cadde infondo al cuore di Ayla.
Uscì dalla sua postazione e vide il Padre morto.
Sdraiato in una pozza di sangue, del suo sangue.
Il Diavolo era subdolo e meschino...
...Ayla scappò via dalla Chiesa e corse sino al villaggio.
Raggiunse un posto che conosceva molto bene, chiamato “ Il Giardino delle riflessioni”.
Si trattava di un luogo meraviglioso, in cui sorgevano alberi secolari e ruscelli d'acqua limpida.
Era quello l'ambiente ideale per lei, avrebbe potuto sfogarsi, chiedere venia al cielo, contemplare avidamente sulla strada maledetta in cui si era inconsapevolmente addentrata.
“ Sapevo che saresti venuta qui amore”.
Sua madre Nadire apparve dietro di lei, materializzandosi da una folata di vento.
“ Non sei reale! Sei soltanto una tentazione a cui non ho intenzione di cedere!”
Ayla conosceva il Diavolo, le sue tentazioni, la sua maledetta tenacia nel perseguire il suo obbiettivo.
Nadire si sedette sul prato e con una mano le accarezzò i capelli...
“ Stai sbagliano tesoro. Sono tua madre...Ayla non voglio vederti assoggettata al volere del diavolo, ma non vi sono alternative. Io, tuo padre, i tuoi fratelli, siamo stati sacrificati per una ragione. Ognuno di noi ha un sentiero che deve percorrere. Il tuo è questo. Dio ti ha abbandonata.
Devi rassegnarti come ho fatto io e agire pensando al tuo futuro...Tieni”.
Nadire lasciò la lettera del Diavolo nelle mani di sua figlia, poi si dissolse nel vento che soffiava.  Nella stessa intensa folata che l'aveva generata.
Ayla si alzò da terra e fece ritorno a casa.
Ripensò al sacrifico della sua famiglia, alla morte della madre, al salasso che aveva subito.
Con premura, adagiò la lettera a terra. Prese un coltello e si ferì la mano.
Con il suo stesso sangue che sgorgava, scrisse su quella dannata lettera la sua firma.
In un istante calarono le tenebre.
Gli occhi di Ayla divennero neri.
Sorrise, poi un'esplosione fece saltare in aria ogni cosa.
La gente del villaggio si radunò li davanti, per vedere con i propri occhi ciò che era accaduto.
Dalle macerie di quella casa in frantumi, tutti videro Ayla uscirne illesa.
Ayla si era rassegnata, diventando la mano del diavolo...
La dolce ragazza che voleva diventare suora non esisteva più.
Al suo posto vi era un demone.
Leggi tutto...

Khirbet ez-Zeiraqoun


Khirbet ez-Zeiraqoun (Moawiyah Ibrahim)
Owen Jarus traccia un quadro di Khirbet ez-Zeiraqoun (o Khirbet ez-Zeraqon), una città fortificata di 25 ettari in Giordania. Venne popolata durante l’Antica età del bronzo III (2700 – 2300 a.C.) e nonostante la sua importanza (dovuta anche alla posizione strategica) è molto meno pubblicizzata dei più noti siti come Mohenjo-Daro, Harappa, Ur e le piramidi di Giza.
(Moawiyah Ibrahim)
Le mura fortificate intorno alla città raggiungevano i 5 metri di spessore ed erano circondate da “torri sporgenti” alte 17 metri e larghe 5. Solo il lato Est venne lasciato scoperto: un ripido pendio a valle avrebbe impedito a qualunque esercito di attraversarlo.
Una rete di tunnel sotterranei serviva invece a raccogliere e a garantire le necessarie scorte d’acqua. Erano profondi fino a 100 metri e vi sono stati trovati tre ingressi e una scala.
Secondo il professore Timothy Harrison non si tratta di pozzi in quanti tali, ma proprio di tunnel scavati nel sostrato roccioso come una rete. Come riuscirono a costruirla senza che crollasse su sé stessa è un mistero.

Il tunnel (Moawiyah Ibrahim)
Un altro mistero è il significato dei 130 glifi – la metà di tutti quelli ritrovati nella regione.
E sebbene la scrittura esistesse già a quei tempi in Mesopotamia, Siria ed Egitto, non è mai stato trovato un documento scritto in Giordania.
I glifi trovati a Khirbet ez-Zeiraqoun mostrano schemi, rituali e scene artistiche. Eccone uno:
(Moawiyah Ibrahim)
Alcuni di questi manufatti vennero probabilmente importati, ma altri potrebbero essere di produzione locale.
Un edificio in particolare sembra esser stato un palazzo o un centro amministrativo. Non è molto imponente: come si vede dalla foto qui sotto, è sostanzialmente un vestibolo con stanze rettangolari sui lati.
Secondo il professore Moawiyah Ibrahim, della Yarmouk University, dal punto di vista governativo questa città era controllata “probabilmente da un governo centrale che aveva il controllo sugli insediamenti vicini”. Ciò sarebbe stato necessario per organizzare le difese della città e costruire i tunnel sotterranei.
(Moawiyah Ibrahim)
Non si sa con certezza quale fosse la religione. Rimangono solo i resti di templi e documentazioni testuali dalla Mesopotamia e dalla Siria.
Il complesso di templi è stato trovato nella parte più elevata della città. Sembra che le costruzioni fossero rettilinee con altari rotondi raggruppati insieme.
Un manufatto recuperato in un’altra area della città dipinge una persona con un’offerta, dietro ad un altare:
(Moawiyah Ibrahim)
Ibrahim dice: “Direi che le divinità principali fossero il dio lunare (qualcosa simile a Sin) e il dio solare, ben attestate entrambe anche in Mesopotamia”.
Harrison aggiunge: “Vedo questi templi come parte di una tradizione architettonica religiosa che continua fino alla Media Età del Bronzo e nella Tarda Età del Bronzo e persino fino all’inizio dell’Età del Ferro (cominciata all’incirca nel 1200 a.C.)“.
Questa statuetta di 5 cm di larghezza mostra un uomo sopra ad un asino (Moawiyah Ibrahim)
Verso il 2300 a.C., “tutte le costruzioni principali non funzionavano più, c’era solo un insediamento stagionale”, dice Ibrahim.
In questo periodo declinò anche il potere centrale dell’Egitto, che entrò nel cosiddetto primo periodo intermedio.
A nord, la città di Ebla viene distrutta da Sargon di Akkad, il cui impero accadico crebbe a est.
Nel lontano Oriente la civiltà della valle dell’Indo entrò anch’essa in declino: la popolazione di Harappa si dimezzò mentre Mohenjo-daro venne abbandonata.
La spiegazione sempre più accettata sarebbe un cambiamento climatico che portò ad unincremento molto brusco di aridità in Mesopotamia.
Dopo il collasso, Zeiraqoun non venne più abitata in modo permanente.
Leggi tutto...

Scoperte tre antiche galassie



galassie-infrarossi
L'immagine (vedi foto a sinistra), ottenuta nell'ambito del programma Hubble Deep Field 09, mostra tre galassie con magnitudine H circa 29 (un filtro infrarosso). Non è un'immagine bella, spettacolare, colorata, ma è ricca di significato scientifico, perché ci porta in un'epoca mai osservata prima. Infatti, si pensa che qualche centinaio di anni dopo il Big Bang, l'Universo si sia raffreddato formando atomi neutri. Questi atomi si sono addensati in nubi che hanno poi originato le stelle e quindi le galassie; in alternativa, singolarità spaziotemporali (buchi neri) create dalle collisioni di onde gravitazionali sviluppate dal Big Bang, hanno costituito la necessaria attrazione gravitazionale per creare galassie e quindi le stelle. Qualunque sia l'ipotesi, si pensa che a circa z=11, ovvero 13.244 miliardi di anni fa, quando l'Universo aveva appena 420 milioni di anni, le prime stelle e/o i primi quasar si siano accesi, e la radiazione emessa ha ionizzato gli atomi (epoca della re-ionizzazione).

Fino a oggi non è mai stato possibile osservare sorgenti cosmiche a z = 11, che rimane un passo fondamentale per verificare la validità delle teorie cosmologiche. La scoperta riportata da Bouwens et al.  si avvicina terribilmente al periodo interessato e ci porta a soli 30 milioni di anni dalla reionizzazione. Un niente, se si tiene conto dei possibili errori di misura. Gli scienziati hanno trovato 3 galassie, che secondo i modelli attuali, confermano l'importanza di queste strutture nel fornire radiazione ultravioletta necessaria per la reionizzazione e, inoltre, stabilisce che le galassie devono essersi formare in epoca anteriore a z = 10. Questo facilita l'ipotesi di una formazione dovuta alla singolarità (top-bottom) e non a un'aggregazione di stelle formatesi prima (bottom-top). Infatti, per quest'ultima ipotesi non c'è tempo sufficiente dal Big Bang. Quale sia il tipo di galassie scoperte da Bouwens non è possibile stabilirlo con la strumentazione attuale, per cui si spera che ci riesca il successore di HST, il James Webb Space Telescope.
Leggi tutto...

Le origini “dell’ordine”


Scavi a Gesher Benot Ya’aqov (Naama Goren-Inbar)
Il detto “una casa ordinata, una mente ordinata” è particolarmente tenuto in considerazione dai ricercatori dell’evoluzione umana; una delle caratteristiche del comportamento moderno è infatti la sofisticata organizzazione degli spazi abitativi.
Ora uno studio pubblicato su Science indica almeno nel sito di Gesher Benot Ya’aqov (Israele), popolato da hominini quasi 800000 anni fa, le radici di questa accuratezza.
Mentre i luoghi occupati dagli uomini moderni mostrano spesso segni di “aree di attività” separate (focolari, cucine, letti, ecc.), fino a poco tempo fa c’erano poche prove che gli altrihominini si organizzassero similmente.
Per esempio nei siti di Abric Romaní in Spagna e Tor Faraj in Giordania, dove i Neandertal vissero tra i 50000 e i 70000 anni fa (ovvero quando non erano ancora arrivati gli uomini moderni), c’era già una divisione spaziale.
Nel sito di Gesher Benot Ya’aqov, nella valle di Hula, è stato annunciato che addirittura l’Homo heidelbergensis - forse l’ultimo antenato comune fra Sapiens e Neandertal – mostrasse queste tendenze.
In questo posto risalirebbero peraltro i primi segni di padronanza del fuoco: 790000 anni fa, cioè circa 400000 anni prima che a Zhoukoudian, in Cina.
Gli archeologi Nira Alperson-Afil e Naama Goren-Inbar, della Hebrew University in Jerusalem, hanno mappato le precise locazioni e la densità di migliaia di resti di piante e animali e gli strumenti in pietra qui rinvenuti.
Si è scoperto che le attività degli hominini erano concentrate in due aree ben definite.
La scheggiatura di strumenti in selce era concentrata nell’area nordoccidentale; quella di basalto e calcare intorno ad un focolare a sud-est. Gli stessi resti animali e vegetali erano separati in base alla loro natura.
La divisione dello spazio in questo sito sarebbe dunque il segno di una “sofisticata cognizione” una volta ritenuta appartenere solo agli uomini moderni.
Per l’archeologo Clive Gamble ciò conferma altre ricerche secondo cui l’Homo heidelbergensis“era una specie molto ordinata”: nel sito di Boxgrove (Inghilterra), 500000 anni fa, “in un paesaggio senza focolari essi seguirono le regole su come ottenere, fare e gettare via i loro strumenti in pietra. Non c’era niente di casuale in queste attività, e Gesher Benot Ya’aqov ora estende questo modello indietro nel tempo”.
Ma l’archeologa Lyn Wadley è molto più cauta: a parte il riconoscere l’inaspettata complessità degli spazi abitativi, pensa che ciò sarebbe un sicuro segno di sofisticata cognizione solo se quegli hominini attribuissero significati simbolici al modo in cui dividevano i loro spazi.
Localizzazione di Gesher Benot Ya’aqov
Leggi tutto...

Erano geniali questi Romani!

I Romani erano dei veri e propri geni della tecnologia e dell'architettura. Tra i loro segreti vi furono l'invenzione della malta cementizia e della piattabanda armata e l'introduzione dell'arco a tutto sesto. Da questi elementi, tramite carrucolegru e marchingegni sofisticati, tutto è stato possibile: dal ponte al teatro ad edifici che hanno il sapore della preveggenza avveniristica.
Numerosi sono gli esempi di eccezionali e futuristiche invenzioni tecnico-scientifiche su cui si è costruito l'impero romano. Basti pensare a come i Romani sfruttarono l'energia idraulicaeolica ed animale, all'alfabeto luminoso per comunicare con segnali di fuoco tra le torri. Basti pensare all'ospedale da campo, all'aratro a rotelle, allapiattaforma girevole. Questo patrimonio tecnologico di invenzioni e scoperte è messo, per la prima volta, in mostra a "Machina. Tecnologia dell'Antica Roma", un'esposizione che è ospitata dal Museo della Civiltà Romana fino al 5 aprile 2010.
Sarà possibile ammirare un centinaio di esempi di macchine tecnologiche, suddivisi in undici sezioni tematiche. Le strutture sono state riscostruite in scala perfettadall'artigiano fiorentino Gabriele Niccolai, che si è basato sugli studi di reperti e testimonianze. Inoltre sono esposti 47 calchi dalla collezione del Museo e 32 frammenti archeologici, tra i quali quelli dell'Antinquarium comunale, mai finora esposti.
Tra modelli di legnocordeferro - materiali utilizzati all'epoca dei Romani - sono visibili anche esemplari come la "gru vitruviana", inventata nel I secolo d.C.mulini ad acqua, l'aratro a rotelle (alla base della fortuna agricola e della ricchezza idrica della Pianura Padana), torri d'assaltopodometri navali per misurare le distanze percorse in mare.
Nel campo della medicina e delle tecniche chirurgiche, i Romani hanno prodotto un'invenzione fondamentale per lo sviluppo dell'umanità: l'ospedale da campo, ilvaletudinarium, presidio stabile in muratura. Ma anche l'organizzazione degli spazi del divertimento - teatri ed anfiteatri - è terreno per applicare in modo geniale i concetti di automazione appresi e sviluppati dai Romani. Straordinario, in tal senso, l'ascensore che, all'interno del Colosseo, portava le belve nell'arena. Oppure il meccanismo che permetteva la distensione del velum (la copertura dei teatri) e dell'auleum (il sipario).
Dopo Roma, la mostra percorrerà l'Italia fino al 2011.

fonte
Leggi tutto...

Due UFO si accostano allo Shuttle Endevour


292700main_fd7-1600_428-321
Anche la missione STS-126 compiuta dallo Shuttle Endevour nel novembre dello scorso anno è stata oggetto di attenzione di oggetti volanti non identificati di cui è recentemente uscito il filmato.

La missione era partita da Cape Canaveral il 20 novembre 2008 con lo scopo di trasportare in orbita equipaggiamente aggiuntivi perl Stazione Spaziale Internazionale in vista dell’ampliamente dell’equipaggio.
264180main_sts126-s-002_425
Durante il sesto giorno di permanenza nello spazio gli austronauti, capitanati dal commandanteChristopher J. Ferguson, hanno avvistato e filmato due oggetti sferici salire dall’atmosfera terrestre. Questi due oggetti, dal comportamento evidentemente intelligente, si sono accostati allo Shuttle e dopo una breve ricognizione si sono allontanati senza fretta.
Il filmato è molto nitido, la fonte è come sempre in questi casi attendebile e i dialoghi sono coerenti con le immagini.
Ecco il filmato:


Leggi tutto...

Su Titano c'è un enorme lago di metano


È IL MAGGIORE SATELLITE DI SATURNO

Con i suoi 400 mila chilometri quadrati di superficie il Kraken Mare è più grande del Caspio


 La Nasa ha annunciato la presenza di un grande lago su Titano, il maggiore satellite di Saturno. La scoperta è stata fatta grazie alle osservazioni della sonda Cassini l'estate scorsa. Il Kraken Mare, questo è il nome con il quale è stato battezzato, con il suoi 400 mila km² è più grande del mar Caspio, il più grande lago sulla Terra, tuttavia non è costituito da acqua, ma da un materiale che alle condizioni esistenti sulla superficie terrestre, è allo stato gassoso: metano. Su Titano, invece, le condizioni sono tali per cui il metano e gli altri idrocarburi si trovano allo stato liquido.

titanoTITANO - Katrin Stephan e Ralf Jaumann dell'Agenzia spaziale tedesca a Colonia hanno presentato i risultati a San Francisco all'annuale conferenza dell'Unione geofisici americani. Lo scorso anno la Nasa aveva reso noto che la sonda aveva già osservato un lago di etano sull'emisfero sud di Titano, sostanza che sulla terra si trova allo stato gassoso. Con i suoi 5.150 chilometri di diametro, Titano è la seconda luna più grande del nostro sistema solare e la sola avvolta da una fitta atmosfera. Proprio a causa di questa atmosfera di azoto, che presenta alcune similitudini con la giovane atmosfera terrestre, Titano è uno degli oggetti più interessanti per gli scienziati. I ricercatori non hanno però potuto osservare direttamente il lago: grazie ai dati elaborati dallo spettometro a infrarossi hanno invece notato uno scintillante «luccichio» ai raggi infrarossi sull'emisfero nord di Titano, analogo al riflesso della luce del Sole su un lago: «Siamo sicuri che in natura questi riflessi possano appartenere solo a una superficie liquida», ha sottolineato Stephan. Al momeno dello scatto la sonda si trovava a circa 200 mila chilometri di distanza da Titano.
Leggi tutto...

Marte, corsa contro tempo per salvare Spirit



Ultimi tentativi per disincagliarlo prima che esaurisca le energie



Corsa contro il tempo per salvare Spirit, il rover della Nasa che il 23 aprile scorso è rimasto intrappolato nella sabbia all’interno di un cratere su Marte. Il veicolo è infatti inclinato in modo tale da rendere molto difficile ai pannelli solari di ricaricarsi di energia. La situazione è molto difficile, tuttavia la ruota anteriore destra, che aveva smesso di funzionare nel 2006, ha accennato un movimento ed ha funzionato per tre minuti e mezzo, anche se con difficoltà: quanto basta a riaccendere la speranza.
martespiritLa ruota posteriore destra, intrappolata nella sabbia, è invece rimasta immobile durante tutti i tentativi di liberare il rover. Delle sei ruote del rover, due sono quindi fuori uso e l’ipotesi è che la colpa possa essere di un malfunzionamento elettrico. Quindi i tecnici della Nasa hanno programmato e già avviato una serie di test. “Dobbiamo fare qualcosa adesso perché adesso il rover ha ancora abbastanza energia”, ha osservato il responsabile dei rover marziani nel Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, John Callas. “Se aspettiamo troppo a lungo, le opportunità potrebbero diventare sempre di meno”. I test in corso vanno avanti “con cautela”, ma anche “il più velocemente possibile”. La speranza è non essere costretti a dire addio a Spirit e alla sua missione straordinaria: arrivato su Marte nel gennaio 2004, il rover avrebbe dovuto funzionare per 3 mesi e invece ha esplorato il pianeta rosso per 5 anni, contribuendo a grandi scoperte. Prima fra tutte, la ricostruzione del clima marziano, con primavere molto calde e condizioni tali che in passato il pianeta avrebbe potuto ospitare forme di vita.
fonte
Leggi tutto...

Atlantide Precolombiana ?



Un gruppo di archeologi ha scoperto le rovine di un'antica città sui fondali del Mar dei Caraibi. L'ubicazione è ancora segreta ma, secondo alcune voci, la città sarebbe addirittura più antica delle piramidi di Giza. Si torna a parlare di quell'Atlantide che tutti, studiosi compresi, continuano a cercare ed a sperare di trovare.
Le immagini satellitari della città mostrano qualcosa di completamente diverso dalla città sommersa che fu scoperta, da una missione russo-canadese nel 2001, nelle acque al largo di Cuba.
Gli studiosi hanno individuato una struttura simile ad una sottile piramide, un'altra con pali paralleli in piedi e travi tra le macerie, praticamente un edificio in rovina. Nessuno si spiega come questa città abbia potuto essere stata sommersa dalle acque.
Le prime tracce di una possibilie città sommersa emergono per la prima volta nei Caraibi, nel 2001, al largo di Cuba. La storia cadde presto, però, nel dimenticatoio. In un libro del 2000, Andrew Collins ipotizza che Cuba sia stata al centro di una vasta civilità pre-colombiana, molto simile ad Atlantide. Ivor Zapp e George Erikson, nel loro libro intitolato "Le strade di Atlantide", mettono il Costa Rica a capo di un impero marittimo molto avanzato.
Leggi tutto...

Una sorprendente scoperta: nel cuore dell’Africa UNA METROPOLI DI 200.000 ANNI FA


Sono sempre stati lì. Qualcuno li aveva già notati prima, ma nessuno riusciva a ricordare chi li avesse fatti – o perché? Fino a poco tempo fa, nessuno sapeva nemmeno quanti fossero. Ora sono dappertutto, a migliaia, anzi no, centinaia di migliaia! E la storia che raccontano è la storia più importante dell’umanità. Ma c’è chi potrebbe non essere pronto ad ascoltare.
Qualcosa di straordinario è stato scoperto in una zona del Sud Africa, circa 280 km verso l’interno, ad ovest del porto di Maputo (la capitale del Mozambico). Sono i resti d’una grande metropoli che misurava, secondo stime prudenti, circa 5000 km quadrati. Faceva parte di una comunità ancora più ampia, di circa 35.000 chilometri quadrati, che sembra essere stata costruita – siete pronti? – dal 160000 al 200000 a.C.!
metr01L’immagine è una vista ravvicinata di poche centinaia di metri del paesaggio, presa da Google-earth. La regione è un po’ remota e i “cerchi” sono stati spesso visti dagli agricoltori locali e dagli indigeni, in passato. Ma, stranamente, nessuno s’è mai preso la briga di informarsi su chi potrebbe averli fatti o quale età potessero avere.
La situazione è cambiata quando se ne è occupato il ricercatore Michael Tellinger, in collaborazione con Johan Heine, un vigile del fuoco locale e pilota che aveva osservato queste rovine negli anni, sorvolando la regione. Heine aveva il vantaggio unico di vedere il numero e la portata di queste strane fondazioni di pietra e sapeva che il loro significato non era apprezzato.
“Quando Johan per primo mi ha fatto conoscere le antiche rovine di pietra dell’Africa australe, non avevo idea delle incredibili scoperte che ne sarebbero seguite, in breve tempo. Le fotografie, i manufatti e le prove che abbiamo accumulato puntano senza dubbio ad una civiltà perduta e sconosciuta, visto che precede tutte le altre – non di poche centinaia d’anni, o di qualche migliaio d’anni… ma di molte migliaia d’anni. Queste scoperte sono così impressionanti che non saranno facilmente digerite dall’opinione ufficiale, dagli storici e dagli archeologi, come abbiamo già sperimentato. E’ necessario un completo mutamento di paradigmi nel nostro modo di vedere la nostra storia umana”. – Tellinger
Dove è stata compiuta la scoperta
L’area è importante per una cosa che colpisce subito – l’oro. “Le migliaia di antiche miniere d’oro scoperte nel corso degli ultimi 500 anni, indicano una civiltà scomparsa che ha vissuto e scavato per l’oro in questa parte del mondo per migliaia d’anni”, dice Tellinger. “E se questa è in realtà la culla del genere umano, possiamo star guardando le attività della più antica civiltà sulla Terra”.
Per visualizzare il numero e la portata di queste rovine, vi suggerisco di utilizzare Google-earth e iniziare con le seguenti coordinate:
Carolina – 25 55′53,28″S / 30 16′ 13,13″ E
Badplaas – 25 47′33,45″S / 30 40′ 38,76″ E
Waterval – 25 38′07,82″S / 30 21′ 18,79″ E
Machadodorp – 25 39′22,42″S / 30 17′ 03.25″ E
Quindi eseguite una ricerca a volo radente all’interno dell’area formata da questo rettangolo. Semplicemente stupefacente!
L’oro ha giocato un certo ruolo sulla densità di popolazione che un tempo viveva qui? Il sito si trova a circa 150 miglia da un ottimo porto, il cui commercio marittimo potrebbe avere contribuito a sostenere una popolazione così importante. Ma ricordate che stiamo parlando di quasi 200000 anni fa!
Le singole rovine sono in gran parte costituite da cerchi di pietre. La maggior parte sono stati sepolti sotto la sabbia e sono visibili soltanto dal satellite o dall’aereo. Alcuni sono stati esposti, quando il cambiamento climatico ha soffiato via la sabbia, rivelando le mura e le fondamenta.
metr02“Mi vedo come una persona di mente aperta, ma devo ammettere che mi ci è voluto oltre un anno per digerire la scoperta e per capire che abbiamo realmente a che fare con le strutture più antiche mai costruite dall’uomo sulla Terra.
Il motivo principale di ciò è che ci hanno insegnato che nulla di significativo è mai venuto dal Sud Africa. Che le civiltà più potenti sono apparse in Sumeria e in Egitto e in altri luoghi. Ci viene detto che fino all’insediamento del popolo BANTU, proveniente da nord, che dovrebbe avere avuto inizio nel secolo XII d.C., questa parte del mondo era piena di cacciatori-raccoglitori, e che i cosiddetti Boscimani non hanno fornito alcun contributo importante alla tecnologia o alla civiltà”. – Tellinger
Una storia ricca e variegata
metr03Quando i primi esploratori incontrarono queste rovine, davano per scontato che fossero recinti per il bestiame realizzati da tribù nomadi, come il popolo bantu, che si spostò verso sud e si stabilì in questa terra intorno al sec. XIII. Non si conoscevano le testimonianze storiche di nessuna civiltà precedente, più antica, in grado di costituire una comunità così densamente popolata. Poco sforzo fu stato fatto per indagare il sito perché la collocazione storica delle rovine non era per nulla nota.
Negli ultimi 20 anni, persone come Cyril Hromnik, Richard Wade, Johan Heine e una manciata d’altri hanno scoperto che queste strutture in pietra non sono ciò che sembrano essere. In realtà questi sono ora ritenuti i resti di antichi templi e osservatori astronomici di antiche civiltà perdute, che risalgono a molte migliaia di anni fa.
metr04Queste rovine circolari sono distribuite su una vasta area. Possono solo essere veramente apprezzate dal cielo o attraverso immagini satellitari. Molte di loro sono quasi completamente erose o sono state coperte dai movimenti del suolo fatti per l’agricoltura lungo il tempo. Alcune sono sopravvissute abbastanza bene da rivelare le loro grandi dimensioni, con alcuni muri originali in piedi, sino a quasi 2 metri d’altezza e oltre un metro di larghezza, in alcuni luoghi. Guardando la metropoli intera, diventa evidente che si trattava d’una comunità ben progettata, sviluppata da una civiltà evoluta. Il numero di antiche miniere d’oro suggerisce la ragione per cui la comunità si trovava in questa posizione. Troviamo le strade – alcune si estendono per un centinaio di miglia – che collegavano la comunità e l’agricoltura a terrazzamenti, molto simili a quelli trovati negli insediamenti Inca in Perù.
Ma una domanda necessita una risposta – come potrebbe tutto questo essere stato realizzato dagli esseri umani 200.000 anni fa?
La datazione del sito
Trovare i resti di una grande comunità, con ben 200000 persone che vivevano e lavoravano insieme, è stata una scoperta importante in sé. Ma la datazione del sito ha costituito un problema. La patina pesante sulle pareti di roccia suggeriva che le strutture dovessero essere molto vecchie, ma la scienza della datazione tramite la patina è solo in fase di sviluppo ed è ancora controversa. La datazione col carbonio 14 di sostanze organiche, come il legno bruciato, è alterata dalla possibilità che gli esemplari possano aver subito incendi recenti dell’erba circostante, che sono comuni nella zona.
metr06metr07La svolta arrivò inaspettatamente. Ecco come Tellinger la descrive:
“Johan Heine scoprì il Calendario Adam nel 2003, quasi per caso. Andava a cercare uno dei suoi piloti che si era schiantato con l’aereo sul bordo dell’altopiano. Accanto al luogo dello schianto Johan notò un gruppo molto strano di grosse pietre, sporgenti dal terreno. Mentre portava in salvo il pilota ferito da circa 20 metri sotto il bordo della rupe, Johan si avvicinò ai monoliti e subito si rese conto che erano allineati ai punti cardinali della Terra – nord, sud, est e ovest. C’erano almeno tre monoliti allineati verso il sorgere del sole, ma sul lato ovest dei monoliti allineati c’era un misterioso buco nella terra – mancava qualcosa.
Dopo settimane e mesi di misurazioni e di osservazioni, Johan concluse che le rocce erano perfettamente allineate con il sorgere e il tramonto del sole. Determinava i solstizi e gli equinozi. Ma il misterioso buco nel terreno era rimasto come un grande puzzle. Un giorno, mentre pensava alla ragione di quel foro, l’esperto locale di piste a cavallo, Christo, arrivò a cavallo e spiegò rapidamente a Johan che c’era una pietra dalla strana forma, che era stata rimossa dal luogo qualche tempo prima. Apparentemente era da qualche parte vicino all’ingresso della riserva naturale.
Dopo una lunga ricerca, Johan trovò la pietra antropomorfica (di forma umanoide). Era intatta e con orgoglio recava una targa, attaccata ad essa. Era stata utilizzata dalla Fondazione Blue Swallow per commemorare l’apertura della riserva Blue Swallow nel 1994. L’ironia è che era stata rimossa dal sito antico più importante trovato fino ad oggi, e misteriosamente era ritornata alla riserva – per motivi leggermente diversi.
metr08La posizione esatta del calendario è indicata nel sito www.makomati.com. I primi calcoli dell’età del calendario sono stati effettuati in base al sorgere di Orione, una costellazione conosciuta per le sue tre stelle luminose che formano la “cintura” del mitico cacciatore.
La Terra oscilla sul suo asse e quindi le stelle e le costellazioni cambiano il loro angolo di presentazione nel cielo notturno, in base alla congiuntura. Questa rotazione, denominata precessione, completa un ciclo ogni 26000 anni ca.
Se possiamo stabilire quando le tre stelle della cintura di Orione erano posizionati in orizzontale contro l’orizzonte, possiamo stimare il momento in cui le tre pietre del calendario erano in linea con queste stelle visibili.
metr09Il primo calcolo approssimativo fu di almeno 25000 anni fa. Ma le misure nuove e più precise tendevano ad aumentare l’età. Il calcolo successivo è stato compiuto da un maestro archeo-astronomo, che vuole rimanere anonimo, per paura del ridicolo dalla Fraternità accademica. Il suo calcolo si è basato sul sorgere di Orione e ha suggerito un’età di almeno 75000 anni. Il calcolo più recente e più preciso, fatto nel giugno del 2009, suggerisce un’età di almeno 160000 anni, sulla base del sorgere apparente di Orione all’orizzonte – ma anche dell’erosione delle pietre di dolerite trovare sul sito.
Alcuni pezzi dei marcatori di pietra sono rotti e giacciono per terra, esposti all’erosione naturale. Quando i pezzi sono stati rimessi insieme, circa 3 cm di pietra era già stato portati via. Questi calcoli hanno aiutato a valutare l’età del sito dal calcolo del tasso d’erosione della dolerite.
metr10Chi ha fatto la metropoli? Perché?
Sembrerebbe che gli esseri umani abbiano sempre apprezzato l’oro. È anche menzionato nella Bibbia, che descrive i fiumi del Giardino dell’Eden:
Genesi 2:11 – Il nome del primo [fiume] è Pishon; scorre intorno a tutto il paese di Havilah, dove c’è l’oro.
Il Sud Africa è conosciuto come il più grande paese produttore di oro al mondo. La più grande zona di produzione d’oro del mondo è il Witwatersrand, la stessa regione dove l’antica metropoli si trova. Infatti nelle vicinanze di Johannesburg, una delle città più note del Sud Africa, è anche un luogo chiamato “Egoli”, che significa la città d’oro.
Sembra molto probabile che l’antica metropoli sorgesse a causa della sua vicinanza con l’offerta d’oro più grande del pianeta. Ma perché gli antichi lavoravano così alacremente nelle miniere d’oro? Non si può mangiare. E’ troppo tenero da utilizzare per la produzione di utensili. Non è molto utile per qualsiasi cosa, tranne gli ornamenti e la sua bellezza fisica è pari con altri metalli come il rame o l’argento. Perché mai l’oro divenne così importante per i primi Homo sapiens?
Per cercare la risposta, abbiamo bisogno di guardare al periodo storico in questione – 160000 a 200000 anni a.C. – e scoprire ciò che stava accadendo sul pianeta Terra.
Com’erano gli esseri umani 160000 anni fa?
Possiamo rintracciare l’’uomo moderno, l’Homo sapiens, ossia i nostri antenati, indietro nel tempo, verso un punto in cui la nostra specie si è evoluta da altri, più primitivi, ominidi. Gli scienziati non capiscono perché questo nuovo tipo umano improvvisamente apparve, o come il cambiamento avvenne, ma siamo in grado di rintracciare i nostri geni sino ad una sola donna, che è nota come “Eva mitocondriale”.
metr11Eva mitocondriale (mt-MRCA) è il nome dato dai ricercatori alla donna che è definita come l’antenato comune matrilineare più recente (MRCA) per tutti gli esseri umani attualmente viventi. Tramandato da madre a figlio, tutto il DNA mitocondriale (mtDNA) in ogni persona vivente è derivato da questo individuo di sesso femminile. Eva mitocondriale è la controparte femminile di Adamo Y-cromosomico, l’antenato comune patrilineare più recente, pur vivendo in tempi diversi.
Si crede che Eva mitocondriale sia vissuta tra 150000 a 250000 anni a.C., probabilmente in Africa orientale, nella regione della Tanzania e delle zone immediatamente a sud e ad ovest. Gli scienziati ipotizzano che vivesse in una popolazione di forse 4000-5000 femmine, in grado di produrre prole in un dato momento. Se altre femmine avevano prole con cambiamenti evolutivi del loro DNA, non abbiamo alcuna registrazione della loro sopravvivenza. Sembra che siamo tutti discendenti di questa femmina umana.
Eva mitocondriale sarebbe stata pressoché contemporanea deli esseri umani i cui fossili sono stati rinvenuti in Etiopia, nei pressi del fiume Omo e di Hertho. Eva mitocondriale visse molto prima dell’emigrazione dall’Africa, che potrebbe essersi verificata tra 60000 e 95000 anni fa.
metr12La regione, in Africa, dove si può trovare il massimo livello di diversità mitocondriale (verde) e la regione in cui gli antropologi ipotizzano che la divisione più antica della popolazione umana abbia iniziato a verificarsi (marrone chiaro). L’antica metropoli si trova in quest’ultima regione (marrone), che corrisponde anche al periodo stimato in cui le mutazioni genetiche improvvisamente accaddero.
Potrebbe essere questa una coincidenza?
La storia antica sumera descrive l’antica metropoli e i suoi abitanti!
Sarò onesto con voi. Questa parte successiva della storia è difficile da scrivere. È così sconvolgente che la persona media non ci vuole credere. Se siete come me, vi consiglio di fare la ricerca voi stessi, e prendervi del tempo per permettere ai fatti di stabilirsi nella vostra mente.
Ci hanno spesso fatto credere che la nostra storia conosciuta comincia con gli egiziani – i Faraoni e le piramidi. Le dinastie più antiche risalgono a circa 3200 anni a.C. Si tratta di tanto tempo fa. Ma la civiltà sumera, in quello che oggi è l’Iraq, è molto più antica. Inoltre, abbiamo tradotto molte delle loro tavolette di storia, scritte in caratteri cuneiformi e in scritture precedenti, in modo da sapere molto sulla loro storia e leggende.
metr13L’immagine del sigillo raffigura la leggenda del “Grande Diluvio”, che consuma l’umanità. Molte leggende sumere sono sorprendentemente simili alla Genesi. Come la Genesi, la leggenda sumera Atrahasis racconta la storia della creazione degli esseri umani moderni, non da un Dio d’amore, ma da esseri provenienti da un altro pianeta, che avevano bisogno di “lavoratori schiavi”, per aiutarli a lavorare nelle miniere d’oro per la loro spedizione extra-planetario!
Ho avvertito che questo è difficile da credere, ma per favore continuate a leggere.
metr14Chi ha fatto la metropoli? Perché?
Questa storia, la Atrahasis, proviene da un’antica versione babilonese che risale circa al 1700 a.C., ma deriva certamente da più antichi testi dei Sumeri. Essa combina i motivi familiari sumeri della creazione del genere umano e del conseguente diluvio – proprio come la Genesi.
La storia inizia con gli “dèi” – esseri provenienti da un pianeta chiamato Nibiru – che scavano fossati e miniere per l’oro, come parte di una squadra di spedizione. I moderni esseri umani (homo sapiens) non esistevano ancora; solo ominidi primitivi vivevano sulla Terra. C’erano due gruppi di “divinità”, la classe dei lavoratori e la classe dirigente (cioè gli ufficiali). Gli dèi lavoratori avevano costruito le infrastrutture come pure lavoravano nelle miniere d’oro e, dopo migliaia d’anni, il lavoro era apparentemente troppo per loro.
Gli dèi dovevano scavare i canali
Dovevano tenere puliti i canali,
le arterie vitali della terra,
Gli dèi scavarono il letto del fiume Tigri
E poi hanno quello dell’Eufrate. – (Dalley 9, Atrahasis)
Dopo 3600 anni di questo lavoro, gli dèi finalmente cominciarono a lamentarsi. Decisero di scendere in sciopero, bruciando i loro strumenti e circondando la “dimora” del dio principale Enlil (il suo tempio). Il ministro di Enlil, Nusku, scosse Enlil dal letto e l’avvisò che la folla inferocita stava fuori. Enlil rimase spaventato. (Il suo volto è descritto: “olivastro come un tamerice”). Il ministrò Nusku consigliò Enlil di chiamare gli altri grandi dèi, soprattutto Anu (Dio del cielo) e Enki (il dio intelligente delle acque dolci). Anu consigliò ad Enlil di scoprire chi fosse il capo della ribellione. Mandarono Nusku fuori per chiedere alla folla delle divinità chi fosse il loro leader. La folla rispose: “Ciascuno di noi dèi vi ha dichiarato guerra!” (Dalley 12, Atrahasis).
Poiché la classe superiore degli dèi ora vedeva che il lavoro degli dèi di classe inferiore “era troppo difficile”, decisero di sacrificare uno dei ribelli per il bene di tutti. Essi avrebbero preso un solo Dio, l’avrebbero ucciso e ne avrebbero fatto il genere umano, mescolando la carne e il sangue del dio con l’argilla:
Belit-ili, la dea del grembo materno, è presente,
Lasciate che la dea del grembo materno crei la sua prole,
E lasciate che l’uomo sopporti il carico degli dei! (Dalley 14-15, Atrahasis)
Dopo che Enki li istruì sui rituali di purificazione per il primo, settimo e quindicesimo giorno d’ogni mese, gli dèi uccisero Geshtu-e, “un dio che aveva l’intelligenza” (il suo nome significa “orecchio” o “saggezza”) e formarono l’umanità dal suo sangue e dalla creta. Dopo che la dea della nascita mescolò l’argilla, tutti gli dèi si raccolsero intorno e sputarono su di esso. Poi Enki e la dea dell’utero presero l’argilla e la portarono nella “stanza del destino”, dove si riunirono tutte le dee del grembo materno.
Egli [Enki] calpestò l’argilla in presenza di lei;
Lei continuava a recitare un incantesimo,
Perché Enki, soggiornando in sua presenza, l’aveva obbligata a recitarlo.
Quando ebbe finito il suo incantesimo,
Estrasse quattordici pezzi d’argilla,
E mise sette pezzi a destra,
Sette a sinistra.
Tra di essi depose un mattone di fango. (Dalley 16, Atrahasis)
La creazione dell’uomo sembra essere descritta come una specie di clonazione o di quella che noi oggi chiamiamo fecondazione in vitro.
Il risultato fu un ibrido o “umano evoluto”, con maggiore intelligenza, che potesse svolgere le funzioni fisiche degli dèi lavoratori e anche prendersi cura delle esigenze di tutti gli dèi.
Ci viene detto, in altri testi, che la spedizione è venuta per l’oro, e che grandi quantità sono state estratte e spedite fuori del pianeta. La comunità in Sud Africa era chiamata “Abzu” ed era la posizione privilegiata delle operazioni minerarie.
Poiché questi eventi sembrano coincidere con le date di “Eva mitocondriale” (vale a dire dal 150000 al 250000 a.C.) e sembrano essere situati nella regione delle più ricche miniere d’oro del pianeta (Abzu), alcuni ricercatori pensano che le leggende sumere possano, infatti, essere basate su avvenimenti storici.
metr15Secondo gli stessi testi, una volta conclusa la spedizione mineraria, fu deciso che la popolazione umana dovrebbe essere lasciata perire in un diluvio che era stato previsto dal astronomi degli “dèi”. A quanto pare, il passaggio ciclico del pianeta natale degli dèi, Nibiru, stava per portarlo abbastanza vicino all’orbita della Terra e la sua gravità avrebbe provocato una risalita (marea) degli oceani a inondare la terra, mettendo fine alla specie ibrida – homo sapiens.
Secondo la storia, uno degli “dèi” aveva simpatia per un essere umano particolare, Zuisudra, e lo avvertì di costruire una barca per cavalcare l’onda del diluvio. Questo divenne la base per la storia di Noè nel libro della Genesi. Fu un fatto veramente accaduto? L’unica altra spiegazione è immaginare che le leggende sumere, che parlano della vita su altri pianeti e della clonazione umana, fossero straordinarie creazioni di fantascienza. Questo sarebbe di per sé sorprendente. Ma ora abbiamo la prova che la città mineraria, Abzu, è reale e che esisteva nella stessa epoca dell’improvvisa evoluzione degli ominidi a homo sapiens.
metr16Abbastanza da darci da pensare per un po’.
Fonte
Leggi tutto...