Ecco l’anello mancante tra scimmie e uomo: si chiama “Ida”

I primati, di cui noi umani siamo l’ultima versione, hanno da ieri l’avo, anzi l’ava più antica. Si chiama Ida e ha 47 milioni di anni, secondo la carta d’identità custodita nel fossile, benissimo conservato e riassemblato al 95%.

Un gruppo di scienziati l’ha studiato in gran segreto per un paio d’anni, ma la presentazione al mondo è stata fatta ieri, al Museo di Storia Naturale di New York in pompa magna multimediale, con un libro già stampato in 100 mila copie, un film per la tv «History Channel», un accordo di esclusiva con il network ABC News e un sito web dedicato al fenomeno. Come ha fatto notare con malizia il «New York Times», benvenuti nella «scienza per l’Età del Mediocene», la fase attuale dell’evoluzione del mondo dove tutto è show, con audience e copyright sparsi in tempo reale per il grande pubblico globale.

La scoperta, secondo i dati forniti dai protagonisti, merita del resto tutto il clamore minuziosamente preparato. La proscimmia promette d’essere l’«anello mancante» capace di portare l’orologio della preistoria indietro laddove non s’era mai spinto, 20 volte più lontano rispetto all’ultima data conosciuta per gli esseri viventi, bipedi mammiferi, che la teoria di Darwin ha censito quali nostri antenati. Il fossile è quello di una specie di transizione, un pre-lemuride che mostra le caratteristiche di una linea evolutiva molto primitiva di non-umani (prosimians), ma anche aspetti propri delle famiglie degli antropodi, come le scimmie e gli scimpanzè.

E’ questa convergenza che porrebbe Ida alla radice dell’evoluzione che è arrivata fino a noi, collegandoci con i primati. «L’annuncio è destinato a rivoluzionare la nostra comprensione dell’evoluzione umana», titola il comunicato ufficiale del Museo, ma la comunità scientifica è prudente nell’abbracciare la novità come un fatto provato. La rivista scientifica «PLoS», nel riportare la notizia, ha per esempio scritto che gli scienziati scopritori sostengono che il fossile potrebbe essere «un ramo» dell’albero evolutivo. Ma «noi non lo sosteniamo», ha precisato «PLoS».

Per Jorn Hurum, lo scienziato dell’Università di Oslo che ha acquistato il fossile in Germania e ha poi coordinato il team di specialisti che l’hanno analizzato, non ci sono invece più segreti. Come per Michael Novacek, il rettore per la scienza del Museo di Storia Naturale, che ha difeso la cerimonia del lancio e l’esposizione del fossile: «Non l’avremmo ospitato, se non fossimo stati convinti dell’importanza della scoperta». Hurum iniziò l’avventura di Ida nel 2006, quando ad una fiera tedesca ad Amburgo la comprò da un venditore privato di resti fossili, che la teneva in un cassetto da 25 anni e disse che era stata trovata nel Pozzo di Messel, un cratere largo oltre un chilometro, ricco di greggio e con una buona quantità di residui fossili dall’Età dell’Eocene.

A differenza di Lucy e degli altri fossili di primati trovati nella «culla dell’umanità» in Africa, Ida è dunque vissuta in Europa, il che se non altro restituisce lustro alla definizione di Vecchio Continente. L’analisi fossile ha rivelato che si tratta di una giovanissima femmina, con le dita e le unghie dei piedi al posto delle zampe a «dimostrare» che è una pre-umanoide. La presenza del pollice opponibile nelle due mani e dell’astragalo, l’osso breve del tarso, lega, anzi, ancora più direttamente Ida agli umani. Il fossile permette anche di risalire alla forma completa di una corporatura di carne soffice, con tanto di resti di cibo nello stomaco. Erbivora, alta all’incirca 60 centimetri, la «ragazza» si nutriva di frutta, semi e foglie: i raggi X hanno mostrato che aveva, insieme, denti sia da bambina sia da adulta. Morì per aver bevuto l’acqua del lago Messel, prima vittima dell’inquinamento da ossido di carbonio, sprigionato dal vicino vulcano. La sua età è stata calcolata attorno ai nove mesi, che tradotti in età da umani significa circa sei anni. I lemuridi, altra prova dell’«anello mancante», erano noti invece per avere una «dentatura a pettine».

Ida visse 47 milioni di anni fa, un periodo critico della storia della Terra, l’Eocene, quando cominciarono a stabilizzarsi le specie dei mammiferi. Dopo l’estinzione dei dinosauri, i primi cavalli, i pipistrelli, le balene e molte altre creature iniziarono ad apparire nel pianeta subtropicale. La Terra cominciava a prendere la sembianza che noi conosciamo oggi, con i monti dell’Himalaya e le evoluzioni della flora e della fauna. I mammiferi di terra, compresi i primati, convivevano nella giungla. Gli scienziati dovranno spiegare la migrazione verso la Germania di questa piccola prozia di scimmie e umani, orgogliosamente diversa dei lemuridi che avevano finora occupato la casella al di sopra della scala evolutiva degli umani. Ma intanto, con gli occhi già simili ai nostri e lo sguardo fisso in avanti che la rendeva capace di vedere a distanza e a tre dimensioni, Ida ha già conquistato uno spot da prima donna.

PERCHÉ DISCENDIAMO TUTTI DA LEI
Lontano parente
Ida ha caratteristiche che si riscontrano nella specie umana, tra cui il pollice opponibile, le unghie al posto degli artigli e, nel piede, l’osso del tallone che lascia intravedere il passaggio dall’andatura a quattro zampe alla camminatura eretta.
Epoca decisiva
Secondo gli scienziati, il fossile «è importante perché permette una migliore comprensione della paleobiologia di un primate del periodo dell’Eocene»: è l’epoca in cui i primati cominciarono a evolversi in due specie: le proscimmie e gli antropoidi.
Dal cacciatore ai ricercatori
Ida era stata ritrovata da un cacciatore di fossili 25 anni fa, nei pressi di Darmstadt, in una cava. Solo nel 2006, però, entrò in possesso del gallerista Thomas Perner, che l’ha venduta al museo di storia naturale di Oslo per un milione di dollari.


fonte-lastampa

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