Esplosioni Atomiche nell'antichità




Uno strato di ceneri pesanti, radioattive, copre un’area di una decina di chilometri quadrati nel Rajasthan, India, circa 18 km a ovest di Jodhpur. Gli scienziati stanno studiando il sito, dove era in costruzione una nuova lottizzazione edilizia.
Da qualche tempo è stato accertato che vi è un tasso molto elevato di difetti alla nascita e di cancro in quella zona. I livelli di radiazioni registrati dagli strumenti degli investigatori sono così elevati che il governo indiano ha finito per isolare la regione.
Gli scienziati hanno portato alla luce una città antica, dove appaiono le prove che un’esplosione atomica di migliaia d’anni fa, da 8000 a 12000 anni, distrusse la maggior parte degli edifici e probabilmente uccise mezzo milione di persone. Uno dei ricercatori stima che la bomba nucleare utilizzata dovesse essere all’incirca delle dimensioni di quelle esplose sul Giappone nel 1945.
Il Mahabharata descrive chiaramente un’esplosione catastrofica che sconvolse il continente. "Un unico proiettile caricato di tutta la potenza dell'Universo... Una colonna incandescente di fumo e fiamme, brillanti come 10.000 soli, s’innalzò in tutto il suo splendore... era un'arma sconosciuta, un fulmine di ferro, un gigantesco messaggero di morte che ridusse in cenere un’intera razza.
"I cadaveri erano così bruciati da essere irriconoscibili. I capelli e le unghie caddero, il vasellame si ruppe senza alcuna causa apparente, e gli uccelli diventarono bianchi.
"Dopo poche ore, tutti i prodotti alimentari erano infettati. Per uscire da quel fuoco, i soldati si gettarono nel fiume."
Lo storico Kisari Mohan Ganguli dice che gli scritti sacri indiani sono pieni di tali descrizioni, che suonano come un’esplosione atomica, simile a quella dell’esperienza di Hiroshima e Nagasaki.
Dice che le fonti parlano di carri celesti che combattevano e d’armi finali. Un’antica battaglia è descritta nel Drona Parva, una sezione del Mahabharata.
"Il passaggio parla di combattimenti e descrive le esplosioni delle armi finali, che decimarono interi eserciti, provocando la distruzione d’una moltitudine di guerrieri con cavalli ed elefanti, soffiati via come le foglie secche degli alberi", dice Ganguli.
"Invece di funghi atomici, lo scrittore descrive un’esplosione a colonna verticale, con nuvole di fumo fluttuanti, come l’apertura di ombrelloni giganti consecutivi. Ci sono commenti in merito alla contaminazione degli alimenti e ai capelli delle persone che cadono".
L’archeologo Francis Taylor dice che le raffigurazioni in bassorilievo, in alcuni templi vicini, da lui tradotte, suggeriscono che essi pregassero d’essere risparmiati dalla grande luce, che stava per portare rovina sulla città. "E’ abbastanza incredibile immaginare che qualche civiltà possedesse la tecnologia nucleare prima di noi. La cenere radioattiva aggiunge credibilità agli antichi resoconti indiani che descrivono la guerra atomica".



La costruzione del nuovo quartiere è stata fermata, mentre il gruppo di cinque membri conduce l'inchiesta. Il capo del progetto è Lee Hundley, che ha iniziato l'inchiesta, dopo che l'alto livello di radiazioni è stato scoperto.
Ci sono prove evidenti che l'impero Rama (ora India) fu devastato da una guerra nucleare. La valle dell'Indo è ora il deserto del Thar, e il sito delle ceneri radioattive, che si trova ad ovest di Jodhpur, è lì intorno.
Considerate questi versi antichi (6500 a.C. al più tardi) del Mahabharata:
“... un unico proiettile
carico di tutta la potenza dell'Universo.
Una colonna incandescente di fumo e fiamme
luminosa come mille soli
salì in tutto il suo splendore...
un'esplosione verticale
con nuvole di fumo fluttuanti...
... la nuvola di fumo,
innalzandosi dopo la prima esplosione,
si aprì in onde circolari,
come l'apertura di ombrelloni giganti ...
... era un'arma sconosciuta,
un fulmine di ferro,
un gigantesco messaggero di morte,
che ridusse in cenere
l'intera razza dei Vrishni e Andhaka.
... I cadaveri erano così bruciati
da essere irriconoscibili.
I capelli e le unghie caddero;
le ceramiche si ruppero senza causa apparente,
e gli uccelli diventarono bianchi.
Dopo poche ore
tutti i prodotti alimentari erano contaminati...
... per uscire da quel fuoco
i soldati si gettarono nei torrenti
per lavare se stessi e le loro attrezzature".

Sino al bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, l'uomo moderno non poteva immaginare nessuna arma tanto orribile e devastante come quelle descritte negli antichi testi indiani. Eppure essi descrivono molto accuratamente gli effetti di un'esplosione atomica. L’avvelenamento radioattivo fa cadere capelli e unghie. Immergersi in acqua dà qualche sollievo, anche se non è una cura.
Quando gli scavi di Harappa e Mohenjo-Daro raggiunsero il livello delle vie delle città, furono scoperti scheletri sparsi per la città, molti dei quali si stringevano le mani e si trovavano per le strade come se qualche istantanea, orribile tragedia si fosse verificata. La gente era sdraiata, insepolta, per le strade della città. E quegli scheletri sono di migliaia d’anni fa, anche in base ai tradizionali metodi di datazione archeologici. Che cosa mai potrebbe causare una cosa simile? Perché i corpi non si decomposero o non furono mangiati da animali selvatici? Inoltre, non vi è alcuna causa apparente di una morte violenta.
Quegli scheletri sono tra i più radioattivi mai trovati, al pari di quelli di Hiroshima e Nagasaki. In un certo sito, gli studiosi sovietici trovarono uno scheletro che aveva un livello di radioattività 50 volte superiore al normale. Altre città sono state trovate nel nord dell'India, che riportano indicazioni di esplosioni di grande entità. Una di tali città, trovata tra il Gange e le montagne di Rajmahal, sembra sia stata sottoposta a calore intenso. Immense masse di mura e le fondamenta della città antica ssono fuse in blocchi compatti, letteralmente vetrificati! E poiché non vi è alcuna indicazione di una eruzione vulcanica a Mohenjo-Daro o in altre città, l'intenso calore atto a fondere vasi d'argilla può essere spiegato solo da un’esplosione atomica o da qualche altra arma sconosciuta. Le città furono spazzate via completamente.
Gli scheletri sono stati datati al 2500 a.C. col metodo del carbonio 14, ma dobbiamo tenere a mente che la datazione al carbonio comporta la misurazione della quantità di radiazioni residue. La possibilità che si siano verificate esplosioni atomiche farebbe sembrare i reperti molto più recenti.


È interessante notare che il capo del Progetto Manhattan, lo scienziato Dott. J. Robert Oppenheimer, era noto per avere familiarità con la letteratura in sanscrito antico. In un’intervista condotta dopo aver guardato il primo test atomico, egli citò il Bhagavad Gita:
" 'Ora sono diventato Morte, il distruttore dei mondi.' Suppongo che ci siamo sentiti in quel modo". Quando gli fu chiesto in un'intervista alla Rochester University, sette anni dopo il test nucleare di Alamogordo, se quella fossela prima bomba atomica mai esplosa, la sua risposta fu: "Beh, sì, nella storia moderna".
Città antiche, i cui mattoni e muri in pietra sono stati letteralmente vetrificati e fusi insieme, si trovano in India, Irlanda, Scozia, Francia, Turchia e in altri luoghi. Non esiste una spiegazione logica per la vetrificazione delle fortificazioni di pietra e delle città, ad eccezione di un’esplosione atomica. Un altro segno curioso di un’antica guerra nucleare in India è un gigantesco cratere vicino a Mumbay. Il cratere Lonar, quasi circolare, misura 2.154 metri di diametro, si trova 400 chilometri a nord-est di Mumbay ed ha almeno 50.000 anni d’età, e potrebbe essere collegato alle guerre nucleari dell'antichità. Nessuna traccia di alcun materiale meteorico, è stata mai trovata nel sito o nelle vicinanze, e questo è l’unico modo conosciuto al mondo capace di produrre un cratere da "impatto" nel basalto. Indicazioni di un grande e intenso shock (con una pressione superiore a 600.000 atmosfere), il calore improvviso (indicato da sferule di vetro basaltico) possono essere accertate dall’analisi del sito.

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Vi furono antiche guerre nucleari? Alcuni archeologi pensano di sì.
La nostra ricerca indica che l’intera regione circostante i Grandi Laghi americani fu soggetta ad un bombardamento di particelle e ad un catastrofico irraggiamento nucleare, che produsse neutroni termici secondari dall’interazione con i raggi cosmici.
I neutroni produssero grandi e insolite quantità di Plutonio 239 e modificarono in modo importante le proporzioni naturali degli isotopi d’Uranio (235 U/238 U) nei materiali presenti sul luogo, nei sedimenti, nelle selci e in tutta la natura circostante.
Quei neutroni trasformarono il nitrogeno residuo (14 N) in radiocarbonio, in modo tale da alterare tutti i procedimenti che usiamo per le datazioni."
Un manoscritto, composto in sanscrito dal Re (Raja) Paramara Bhoja di Dhar, Malwa(1000-1055 d.C.), tratta delle tecniche di combattimento, e in particolare di certi tipi di macchine da guerra. L’opera s’intitola Samarangana Sutradhara, o "Il Comandante in campo" (nome talvolta abbreviato "il Samar") ed è un'opera enciclopedica sull'architettura classica indiana (Vastu Shastra).
In 83 capitoli, i temi trattati sono di urbanistica, architettura della casa, architettura del tempio e arti scultoree, insieme alle Mudra (le diverse pose delle mani, e le pose del corpo, così come le posizioni delle gambe), i canoni della pittura, e un capitolo sull'arte dei congegni meccanici yantra (capitolo 31).


Questo capitolo sugli yantra ha attirato l'attenzione della pseudoscienza e dell'ufologia in particolare. Ai versi 95-100 l'autore parla di aeromobili a forma di uccelli (Vimana), con diversi modi di propulsione, e ai versi 101-107 menziona una sorta di robot utilizzabili in qualità di guardie.
Il Re Bhoja usò spesso il termine sanscrito yantra, piuttosto del termine vimana (più familiare per noi), e dichiarò che le sue conoscenze si basavano su manoscritti Indù, che erano già antichi ai suoi tempi, nel sec. XI d.C.
Ecco alcuni estratti da quell’antico testo:

“Essi erano propulsi dall’aria e al loro interno c’era un motore a mercurio, con un apparato che riscaldava il ferro. Il potere latente nel mercurio li spingeva, come un soffio di vento. Riscaldata dal fuoco controllato, una polvere di tuono contenuta nel recipiente di ferro si sviluppava attraverso il mercurio. Se il motore metallico, realizzato in modo appropriato e riempito di mercurio e fuoco, era avviato nella parte superiore, esso sviluppava il proprio fuoco con un ruggito da leone.
… al suo interno si può collocare il motore al mercurio con il suo apparato per riscaldare il ferro. Grazie alla potenza latente nel mercurio, usata per il movimento, un uomo seduto all’interno può viaggiare su grandi distanze nel cielo, in un modo veramente stupefacente.
Se si usano i metodi indicati, si può costruire un Vimana grande come il tempio del Dio-in-movimento. Quattro forti contenitori di mercurio devono essere costruiti al suo interno.
Quando essi sono stati riscaldati ed esce il fuoco controllato dai contenitori di ferro, il Vimana sviluppa una potenza di tuono grazie al mercurio ed appare come una perla nel cielo”.


Avvenne forse una guerra, alla fine dell’era Dryas?
I nuclei ghiacciati mostrano che alla fine dell’ultimo periodo glaciale le temperature salirono in modo consistente, per un millennio. Le tracce di rame, stagno e piombo mostrano forti incrementi.
L’era del Dryas antico terminò bruscamente con un drammatico innalzamento delle temperature. L’estinzione dei mammuth e della megafauna del Nord e Sud America avvenne in quel periodo. Nello stesso periodo, le concentrazioni d’uranio nei coralli salirono da circa 1,5 parti ad oltre 4 parti per milione. Le datazioni con il radiocarbonio, in quel periodo, si fanno caotiche. Gli studi degli strati di deposito sul fondo dei laghi confermano le irregolarità delle successioni cronologiche. Sono state trovate sabbie fuse, in particolare nel deserto egiziano.
Ognuno di questi elementi sembra sostenere la tesi di un’antica guerra nucleare.
Non c’è alcun dubbio sull’esistenza del Samarangana Sutradhara, del Mahabharata e di diversi altri antichi testi indiani che ne parlano.
Ci sono riferimenti a questi testi nelle pubblicazioni scientifiche e nei testi del governo indiano. Gli antichi testi coprono un’ampia gamma d’argomenti, dalla pianificazione urbana, la salute e l’igiene pubblica, con un’accurata descrizione della vaccinazione, sino alla dettagliata discussione di osservazioni meccaniche, metodi e teorie scientifiche. Essi descrivono procedimenti elettrici e meccanici, in piena sintonia con la nostra scienza moderna. Descrivono i Vimana, aeromobili di diversi stili, scientificamente realizzabili.
Si noti che chi li tradusse era una persona che non poteva comprendere i concetti compresi in quegli antichi documenti. Non c’erano parole, nella sua lingua, nel sec. XI d.C., atte a descrivere le cose meravigliose contenute di quegli antichi testi, ed egli cercò comunque di fare del proprio meglio. Dobbiamo ritenere che i testi originali fossero stati scritti poco tempo dopo una terribile guerra nucleare, nella quale due grandi civiltà si distrussero l’una con l’altra. I sopravvissuti (o piuttosto i loro discendenti) stavano cercando di registrare i loro ricordi, per le future generazioni. Poiché era passato un certo periodo di temlpo, e gli scrittori probabilmente non erano scienziati, non capivano esattamente quello che stavano narrando. Possono aver commesso errori, che possono anche essere stati amplificati dall’incomprensione, tanto più che quei testi sono stati ripetutamente ricopiati attraverso i secoli successivi.
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L’America? La scoprirono i romani

moneta romana restaurataLa scoperta dell’America non è soltanto l’esempio più eclatante di «serendipità», ossia il rinvenimento di qualcosa di imprevisto mentre si sta cercando qualcosa d’altro, come la “formula segreta” della Coca-Cola, saltata fuori mentre si stava preparando ricetta per uno sciroppo per la tosse; o come appunto il Nuovo Mondo, incocciato “per caso” mentre si stava esplorando una diversa via per le Indie. La scoperta dell’America – al di là della lezioncina da scuola elementare sul genovese Cristoforo Colombo, le tre caravelle e il 12 ottobre 1492… – è uno dei più grandi e affascinanti enigmi della Storia. Ma davvero Colombo fu il primo? Ma davvero ci arrivò «per caso», o «per sbaglio»? Ma davvero Colombo non sapeva dove stava andando e dove era arrivato? Ma davvero era genovese? E davvero era «soltanto» un navigatore?
Negli ultimi anni, storici e divulgatori hanno formulato – tra le più “eretiche” e anti-accademiche – le seguenti ipotesi: Colombo raggiunse l’America già nel 1485 in una missione segreta finanziata da Innocenzo VIII e Lorenzo de’ Medici usando misteriose carte geografiche in possesso della Santa Sede (è la tesi dello studioso Ruggero Marino, basata sulla leggendaria mappa dell’ammiraglio turco Piri Re’is e l’anacronistica epigrafe sulla tomba del Papa); Colombo vi arrivò nel 1477 (per Marcello Staglieno il navigatore toccò il Labrador e Santo Domingo quando era imbarcato su una galea portoghese diretta in Islanda); Colombo era un frate laico francescano (per il quale la Chiesa ha avviato segretamente una causa di santificazione); era figlio illegittimo di papa Cybo; era un israelita che cercava nelle Indie una patria per gli ebrei iberici minacciati di espulsione (è la tesi di Simon Wiesenthal, il «cacciatore di nazisti»); era legato ai Templari dei quali sfruttò le segrete conoscenze scientifiche e astronomiche; usò una mappa rubata dal fratello Bartolomeo in Portogallo dall’Archivio segreto del regno; una flotta cinese toccò le coste del Nuovo Mondo nel 1421 (è l’ipotesi dell’inglese Gavin Menzies, secondo il quale alcune carte nautiche cinesi nel 1428 sarebbero arrivate nelle mani di Colombo prima di salpare per le «Indie»); e infine Colombo non era genovese ma, nell’ordine: provenzale, corso, galiziano, portoghese, greco, tedesco, piemontese, spagnolo (la querelle non è stata risolta neppure dall’esame del Dna delle ossa).
E oggi torna in auge anche un’altra “vecchia” ipotesi, quella secondo la quale antiche civiltà marinare toccarono il Nuovo Continente ben prima di Cristoforo Colombo, dai Fenici ai Vichingi (per i quali ultimi esistono prove documentali e archeologiche) fino ai romani, che lasciarono numerose tracce come monete, statuette, tombe e anche una nave. Nel suo nuovo saggio dal titolo «Quando i romani andavano in America. Scienza e conoscenza degli antichi navigatori» (Palombi&Partner), lo studioso Elio Cadelo sostiene che gli antichi romani possedevano ottime conoscenze in campo nautico e avevano anche navi adatte per attraversare l’oceano Atlantico. I Romani furono grandi navigatori: ad est commerciavano con l’India, la Cina e l’Indonesia: le loro esplorazioni raggiunsero e superarono la Nuova Zelanda; navigarono lungo le coste atlantiche dell’Europa fino alle Orcadi, l’Islanda e oltre. In Africa sono state trovate tracce della presenza romana nello Zimbabwe e lungo le coste orientali. Ma in età imperiale – ipotizza Cadelo – i marinai romani raggiunsero anche l’America, che i geografi del tempo ritenevano essere la «terza India». Equivoco che rimarrà anche dopo la scoperta di Colombo.
I ritrovamenti archeologici e molti passi della letteratura latina parlano di nuove terre (o isole) ad ovest e provano che i Romani conoscevano bene cosa ci fosse al di là delle colonne d’Ercole. Un testimone attento del tempo, Plutarco, scrive che «a cinque giorni di navigazione dalla Britannia, verso occidente, ci sono isole e dietro di loro un continente»; e Plinio nota «che tutto l’Occidente al di fuori delle colonne d’Ercole è ormai osservato ed esplorato». Ma anche piante come il mais o l’ananas, la cui diffusione in Europa è fatta risalire alla scoperta dell’America, in realtà – come è descritto nel volume – erano presenti nel Mediterraneo già in epoca romana.
Nel suo libro, Cadelo esamina anche diverse culture che con il mare ebbero un rapporto importante, e sostiene che i Romani non furono i soli a giungere nel Nuovo Continente: la genetica ha fornito prove della presenza in America dei Polinesiani, l’archeologia e la letteratura della presenza cinese ed indiana almeno duemila anni fa.
Ma perché – è questa la vera domanda – di tutto ciò non ci sono tracce prima di Cristoforo Colombo? Le rotte commerciali, spiega Elio Cadelo, erano segretissime e le mappe non venivano diffuse, avendo un enorme valore economico per i loro proprietari che potevano così avere l’esclusiva per importazioni di prodotti provenienti da terre sconosciute. E poi, come scrive nella sua prefazione l’astrofisico Giovanni F. Bignami, c’è il paradosso di Cristoforo Colombo: «L’importante, per avere il merito di una grande scoperta, è essere l’ultimo a farla, non il primo».

fonte
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Leonardo influenzato dalla cultura cinese


“Il Rinascimento è figlio dei cinesi” Uno studioso: le loro invenzioni influenzarono Leonardo
zheng_he_mapLe risaie lombarde, le più grandi invenzioni di Leonardo da Vinci e le mappe fiorentine che accompagnarono il viaggio di Cristoforo Colombo sono «made in China». Ad affermarlo sono le 368 pagine di «1434», il libro scritto da Gavin Menzies – ex comandante di sottomarini della Marina di Sua Maestà britannica – nel quale si sostiene la tesi che ad innescare il Rinascimento che cambiò il corso della civiltà occidentale fu la flotta dell’ammiraglio Zheng He, salpata alla volta dell’Europa durante il regno di Zhu Di che aveva grande interesse a rimpinguare le proprie casse moltiplicando i commerci con le esportazioni, dalle ceramiche più pregiate fino alle conoscenze enciclopediche.
Gavin, già autore del best seller «1421, l’anno in cui la Cina scoprì il mondo», confeziona la provocatoria costruzione storica come un’indagine condotta in più Continenti con la metodologia di un investigatore privato.
Accompagna il lettore sui luoghi dove afferma di aver trovato le «prove» che dimostrando quanto la Cina ha contributo a creare l’Occidente che noi conosciamo.
Il punto di partenza dell’indagine storica sono le dettagliate mappe che possedeva Zheng He, frutto di esplorazioni risalenti al 1280. Quelle cartine erano basate sul fatto che – come afferma uno studio dell’Università di Xiamen pubblicato quasi in contemporanea con il libro – i cinesi erano in grado di misurare longitudine e latitudine con una notevole approssimazione rispetto alla realtà. E’ proprio grazie a questa cartografia molto avanzata che quando Zhu Di assegna a Zeng He il compito di salpare verso Venezia – considerata l’ambito epicentro dei commerci dell’epoca – gli consegna la mappa che consente di attraversare via nave l’Egitto quattro secoli prima della costruzione del Canale di Suez.
4426822Il corso all’epoca era un canale d’acqua dolce che diventava navigabile solo «da giugno a settembre» quando il fiume Nilo straripava, consentendo ai grandi cargo carichi di merci di passare dal Mar Rosso al porto di Ismailya, sul Mar Mediterraneo. L’autore afferma di essere andato sul posto, aver verificato la fattibilità del percorso ed aver trovato ulteriori prove dell’esistenza della via d’acqua ricorrendo alle mappe satellitari accessibili attraverso il sito di Google Earth.


Arrivate nelle acque calde del Mediterraneo, le quattro navi di Zheng He scelsero come propria base l’isola dalmata di Hvar, nel golfo di Kotor sul Mar Adriatico, perché era a metà strada fra Alessandria e Venezia. Menzies ha perlustrato Hvar, oggi croata, quasi palmo a palmo, e vi ha trovato espressioni mongole nel dialetto locale nonché impronte cinesi nell’agricoltura attorno ai villaggi di Vrbanj, Svirce e Bogomolje dove uno studio del Dna dei residenti ha svelato la presenza di particolari cromosomi che distinguono in genere le popolazioni di origine cinese e vietnamita.
«Su quest’isola vissero uomini e donne cinesi» afferma l’autore. Sarebbero state proprio le navi di Zheng He a portare in Croazia la prima mappa del globo che fu poi copiata dal veneziano Albertin di Virga e ritrovata per caso da un antiquario viennese a Srebrenica, in Bosnia, nel 1911. A provare lo sbarco della flotta imperiale a Venezia, secondo l’autore del saggio, è un dipinto di Pisanello, datato fra il 1433 e il 1438, conservato a Verona, nel quale è raffigurato con dovizia di particolari un ammiraglio mongolo con l’uniforme dell’epoca assieme a soldati cinesi, bufali d’acqua tipici dell’Asia e soprattutto delle navi le cui sembianze sono assai simili a quelle di Zheng. Per essere sicuro di poter considerare il dipinto la «prova decisiva», Gavin Menzies è andato al museo del Louvre, a Parigi, incrociando la raffigurazione dell’ammiraglio mongolo con altre della stessa epoca.
Dal doge al Papa
È sulla base di tale conclusione che il libro procede, nella seconda parte, a descrivere l’impatto dell’arrivo in Italia di Zheng He, la cui delegazione incontrò tanto il Doge che, in occasione di una tappa romana, il Pontefice Eugenio IV.
In questo caso a documentare «l’impatto cinese» sono tre fonti di prova: le carte geografiche, i disegni di Leonardo da Vinci e la ristrutturazione dei canali acquatici della Lombardia. Fra le mappe vi sono quelle poi servite a Martin Alonso Pinzon, capitano della spedizione di Colombo che scoprì le Americhe, a varcare l’Atlantico perché adoperò una carta disegnata dall’astronomo fiorentino Paolo del Pozzo Toscanelli che a sua volta aveva consultato le mappe di Zheng He. I disegni di Leonardo coprono decine di pagine di «1434» perché l’autore pubblica molteplici illustrazioni tratte dal Codice di Madrid e dal Codice Atlantico affiancandole a disegni assai simili fatti da Su Sung nel 1090 e da Shan Hai Kuag Chu nel II secolo. Si tratta in particolare delle ruote addentellate, delle catene mobili, delle macchine volanti e dei cannoni mobili.
I canali
Altri disegni cinesi descrivono invece l’arte della canalizzazione dell’acqua che a seguito dell’arrivo delle navi cinesi a Venezia venne ripetuta in Lombardia, attorno all’area di Milano, con il risultato di collegare Pavia e il fiume Po in maniera da creare le condizioni per le coltivazioni di riso, che fino a quel momento non esistevano nella Penisola.
L’ipotesi del Rinascimento con gli occhi a mandorla è molto affascinante. Tuttavia, per sua stessa ammissione l’autore riconosce di non essere in grado di ricostruire come e quando i componenti delle delegazioni cinesi trasferirono le loro conoscenze a Roma, Venezia e Firenze ma la somma fra le prove sul viaggio realmente avvenuto e sulle concrete conseguenze che ne scaturirono lo portano ad affermare che il Rinascimento italiano debba molto al coraggio, all’intraprendenza e soprattutto ai segreti cinesi dell’ammiraglio che venne dal Lontano Oriente.
fonte
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Occhio bionico guarisce una persona

A Peter Lane, cieco da quasi 30 anni, è stato impiantato uno speciale ricevitore nella retina


MILANO - Il cinquantunenne inglese Peter Lane, cieco da quando era poco più che ventenne, è entusiasta dei risultati finora raggiunti dopo l'intervento chirurgico al quale si è sottoposto. L'uomo, non vedente a causa di una malattia genetica degenerativa, ora riesce a distinguere i contorni delle porte e del mobilio e a leggere brevi parole grazie a una telecamera montata su un paio di occhiali che registra per lui tutto ciò che è davanti ai suoi occhi.

IL PERCORSO DELLE IMMAGINI - La videocamera cattura le immagini e le invia a un processore video che il signor Lane porta alla cintura. A sua volta, il processore converte le immagini in segnali elettronici che manda a un trasmettitore anch'esso posto sugli occhiali. Da qui parte un segnale wireless che raggiunge un ricevitore impiantato nella retina, il quale attraverso degli elettrodi stimola il nervo ottico e consente al cervello di ricevere le immagini.

UNO STUDIO MONDIALE - Peter Lane è soltanto una delle 32 persone che, in tutto il mondo, si sono prestate alla scienza per sperimentare questa tecnologia, volta soprattutto alla cura della retinite pigmentosa, malattia genetica che causa gravi danni alla retina e porta, progressivamente, alla cecità. Al Manchester Royal Eye Hospital Lane e altri due volontari sono stati sottoposti a un intervento chirurgico durato quattro ore, durante le quali è stato impiantato il ricevitore elettronico nella retina. Dopo due mesi di attesa, per dare all'occhio il tempo di guarire, è finalmente giunto il momento di valutare i risultati.

I RISULTATI - I medici, e con loro i pazienti, si dichiarano molto soddisfatti. Tutti e tre gli uomini hanno avuto reazioni positive; uno di loro il 5 novembre scorso è riuscito, dopo quaranta anni di buio, a rivedere dei fuochi d'artificio. Un altro, come Peter Lane, è in grado di leggere brevi parole. Secondo l’oftalmologo Paulo Stanga, coinvolto nella ricerca, i risultati sono persino migliori di quelli che si attendevano. L'ospedale inglese sta mettendo a punto un proiettore e uno schermo speciali da installare nelle case degli «impiantati», per consentire loro di sbrigare personalmente la propria corrispondenza, per la prima volta dopo tanti anni. Nonostante lo scenario, un po' alla Blade Runner, bisogna provare a immaginare che cosa possa significare tornare a vedere, anche se si tratta «solo» di brevi parole o di ombre sfuocate. In questo senso va interpretato l'entusiasmo di chi ha partecipato allo studio: un primo piccolo passo verso un grande ambizioso cammino.

Emanuela Di Pasqua

corriere.it


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Correrre per la musica


Technologia, sport e moda trovano un terreno comune in questo interessante concept che sfrutta il movimento dell'utente per tenere in funzione un lettore MP3: rallentare la corsa significa rallentare il tempo di un brano. Un buon incentivo per proseguire nel ritmo utile all'allenamento!

Il Player cinetico disegnato dai lituani Inesa Malafej e Arunas Sukarevicius è un concepts che coniugano tecnologia e basso impatto energetico in un modo del tutto innovativo: quando si dice 'sentire' l'energia del proprio corpo :)


Fonte:http://futuroprossimo.blogosfere.it/


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Più denaro, meno banconote


Il futuro passa attraverso la rete: in Italia i conti annaspano e portano a scelte drastiche, talvolta sbagliate (vogliamo parlare dei milioni tagliati alla banda larga?), mentre negli altri Paesi hanno ben compreso come l'economia può trovare il suo rilancio attraverso le transazioni in rete, che riducono spesso tempi e costi.

D'altra parte il nostro paese non è ai primi posti per sistemi del genere, tra code alle banche (e alle poste) e lungaggini di ogni sorta: perché in Italia ci sono più problemi che in altri paesi europei? In Italia siamo così attaccati alle banconote da effettuare in contanti una buona parte dei pagamenti.

Per portare sempre più persone in rete e favorire spese (e comodità), da qualche tempo le Banche hanno aperto una battaglia vitale, quella di aumentare il più possibile la moneta elettronica, anche a costo di..regalare denaro agli utenti!

UBI BANCA ha sviluppato una promozione rivolta a tutti i giovani dai 14 ai 29 anni che attiveranno una nuova carta prepagata entro l'8 Gennaio 2010: si chiama PLAY BOY, PLAY UBI. Facciamo quattro conti: si attiva (gratuitamente) una carta prepagata (senza spese annuali) che dura 3 anni. UBI Banca regala subito 50 euro, e se il cliente presenta un suo amico, altri 20 euro.

Totale? 70 Euro contro zero, e si ottiene una carta prepagata per fare spese online, prelevare al bancomat e pagare nei negozi. Non serve il conto corrente. Ecco il sito dell'iniziativa di UBI Banca.

E' facile leggere dietro iniziative come questa l'intenzione di 'accelerare' il sistema economico verso un futuro (si spera) con più moneta (e più commissioni sulle transazioni, altrimenti la banca poi non ricaverebbe nulla) e meno banconote in tasca (il che significa meno rischi di rapine, se non altro quelle 'in carne ed ossa').

Una volta tanto adeguarsi non costa ma rende qualcosa. Come vedete a volte il Futuro paga :)

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Un UFO causa blackout elettrico in Argentina

Tutto è successo nella nottata del giorno 26 novembre 2009. Era le ore 02:00 e molta gente di Salta, città situata ai piedi della Cordigliera delle Ande e che consta di circa 470.000 abitanti, era intenta vista il gran caldo a stare ancora fuori, magari gustando un gelato o qualcosa di refrigerante. Improvvisamente vedono solcare il cielo da un enorme oggetto, dalla forma di un sigaro, luminosissimo, silenzioso che volava verso sud/est di El Tunal a circa 35 chilometri dalla ottava città più grande dell’Argentina. Il cielo era colmo di nubi minacciose e secondo alcuni testimoni l’UFO era caratterizzato dall’avere, anche, delle luci intermittenti e una fissa simile ad un faro. Dopo aver visto scomparire questo oggetto enorme (che secondo gli ufologi locali era di circa 300 metri di lunghezza), dopo pochi minuti la città va in “black out” elettrico. Anche le linee telefoniche, secondo molti testimoni, andarono in panne. Tutto ritornò nella normalità dopo circa 9 ore. La società che gestisce la distribuzione elettrica in Argentina, la EDESA, ha confermato il “black out” elettrico. La causa è stata trovata proprio a El Tunal, zona dove si è recato il gigantesco UFO e dove si trova la più importante centrale di alimentazione elettrica. La causa, secondo la EDESA, è ignota. Alla centrale i tecnici hanno trovato tutti i generatori bruciati.

Articolo completo (in spagnolo) http://www.popularonline.com.ar/nota.php?Nota=427388

Nel disegno la ricostruzione di un UFO a forma di sigaro

Aggiornamenti: secondo il direttore della Fundación Argentina de Ovnilogia (FAO), Luis Burgos, il numero dei testimoni supera ormai il centinaio; tutti concordano sul fatto che l’UFO era a forma di “sigaro”, era auto-luminoso e di dimensioni notevoli; per ora nessun video e foto è stato divulgato; a 40 chilometri dalla città, una fila di cinque pali di luci di città, a bassa tensione, è stata trovata completamente carbonizzata nella parte superiore, i loro fili bruciati e cortocircuitati. I posti luce sono separati tra di loro circa 35 metri, il che suggerisce che l’elemento che ha causato il danno ha agito su una linea di circa 140 metri in tutto.



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Per gli scettici: intervista a Michio Kaku sugli UFO, extraterrestri e iperspazio

Michio Kaku è un fisico teorico tra i più autorevoli. Si è laureato con lode ad Harvard nel 1968 ed ha conseguito il dottorato al Berkeley Radiation laboratori nel 1972. E’ stato il co-fondatore della teoria delle Stringhe e un pioniere di quella delle Superstringhe. Attualmente è professore di fisica teorica al “City College and the Graduate Center” dell’ Università di New York. E stato professore esterno sia allUniversità di Princeton che a quella di New York City Il suo obiettivo è contribuire alla realizzazione del sogno di Einstein della Teoria del tutto in una singola equazione, che mostra lunità di tutte le forze fondamentali nelluniverso. Tiene conferenze in tutto il mondo ed è l’autore di moltissimi articoli scientifici riguardanti la fisica, nonchè di nove libri tra i quali Iperspazio, best-seller a livello internazionale. E conduttore di un programma radiofonico settimanale in diverse emittenti radiofoniche in Giappone e i suoi commenti scientifici possono essere ascoltati in più di 60 stazioni nazionali. Ha pubblicato più di 70 saggi in riviste specializzate che trattano di argomenti quali la teoria della superstringa, della supergravità, della supersimmetria e di fisica adronica. E stato inoltre il primo a scrivere un trattato sulla supergravità conformale e la rottura della supersimmetria ad alte temperature.


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L'informatico Richard Rogers sostiene di aver tradotto il Manoscritto Voynich.

ho decrittato il Manoscritto Voynich. Lo giuro!

Segnalato da michela

Il manoscritto di Voynich sembra sia stato finalmente tradotto. Dopo 500 anni di misteri, di un linguaggio incomprensibile, di immagini mai ritrovate nella storia, Richard Rogers, informatico e specialista nella gestione dei dati al Fleet Readiness Center East at Cherry Point (Nord Carolina) sostiene di aver “craccato” il codice e ci tuffa in un mondo fantastico fatto di misteri, scacchiere, codici segreti, algoritmi e matematica. In cui gli italiani sembrano aver contribuito significativamente.

di CLAUDIA MIGLIORE

Fa mostra di sé alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale. 16x 22×4. 102 fogli, per un totale di 204 pagine. Un concentrato di mistero. Questo è il manoscritto di Voynich. L’enigma letterario più sorprendente di tutti i tempi. Il libro più misterioso della storia. Quello che nessuno è mai stato in grado di leggere. Fino ad oggi. Fino all’11 novembre. Quando un sito americano pubblica le dichiarazioni di un uomo che sostiene di esserci riuscito.

La scoperta.
Richard Rogers, 58 anni, di cui 37 dedicati al governo americano sostiene di aver tradotto le prime pagine del manoscritto. Assolutamente per caso. Stava lavorando ad un nuovo algoritmo per il Dipartimento di Stato americano e aveva utilizzato una parte casuale del testo del manoscritto per fare un test. Il software ha fallito per due volte prima di restituire i dati. Dati in codice macchina in cui Richard Rogers ha letto la incredibile scoperta.

Il manoscritto non contiene lettere, parole. Per anni tutti gli studiosi hanno pensato si trattasse di un linguaggio misterioso. In realtà il testo rappresenterebbe il primo foglio di calcolo della storia. Si tratterebbe non di lettere ma di numeri. Algebra simbolica. Roger non poteva credere a questa possibilità. Ha passato 10.000 ore davanti al computer per tradurre le prime tre pagine del manoscritto. Ha persino utilizzato un software satellitare, creato per rilevare le crepe su Marte, per analizzare il vello su cui il manoscritto è stato redatto e le crepe nella carta.

Rogers ha concluso che il manoscritto contiene un messaggio segreto nascosto nelle figure. Alla base del documento c’è una griglia 8×8. Come quella delle scacchiere. Simbolo massonico.

La griglia ha numeri nella parte bassa e lettere nella parte alta. Il documento è algebra ma è anche un sistema per spiegare come navigare sulla scacchiera per leggere o scoprire i messaggi segreti, le immagini e i simboli. La prima pagina non rappresenta altro che le istruzioni su come leggere il manoscritto.

Attraverso una serie di studi e ricerche Rogers ha concluso che il manoscritto è stato redatto a più mani dalla famiglia proprio in Italia. Martino Longhi (1534-1591), Onorio Longhi e Martino Longhi il giovane (1602-1660) sarebbero gli autori. Datato intorno al 1578 prendendo come riferimento l’anno di costruzione di Villa Mondragone a Frascati dove il libro era conservato dai gesuiti. Rogers sostiene che proprio il giardino della villa, sia la chiave. Che la griglia rappresentata nel giardino si integri con il documento che conterrebbe importanti segreti commerciali nascosti alla chiesa.

Richard Rogers non ha terminato la sua ricerca. Ormai nella sua mente e nella sua vita non esiste altro. Scoprire quella chiave e svelare il segreto. Dopo 37 anni di attività sta per andare in pensione. E questo potrebbe essere il modo migliore per uscire di scena.


Gialli.it

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Scoperta super: Co2 trasformato in carburante!



Gli scienziati del californiano Sandia National Labs potrebbero aver fatto una delle scoperte più importanti del secolo: un sistema per trasformare Co2 in carburante come gasolio e benzina. Da rifiuti dannosi a risorse primare!
La struttura semplice del sistema - Sembra troppo bello per essere vero, eppure il prototipo è perfettamente funzionante. Assomiglia a un gigantesco cilindro riflettente grande quanto un'abitazione. Il dispositivo dispone di due celle calde/fredde con 14 anelli a "frisbee" nel centro. Questi dischi in ossido di ferro sono scaldati dal sole fino a 2700 gradi per innescare una reazione termo-chimica che forza la separazione degli atomi di ossigeno.
Il funzionamento del cilindro - I dischi ruotano su se stessi una volta al minuto, nella cella refrigerante il Co2 si aggiunge prelevato dall'atmosfera e l'ossido di ferro recupera gli atomi di ossigeno che aveva perso, una volta raffreddato. Il monossido di carbonio così ricavato sarà utilizzato per creare un carburante liquido sintetico. Il tutto senza spendere un centesimo visto che il Sole stesso partecipa al sistema, i suoi raggi sono convogliati nella camera "calda" scaldandola fino a 1500 gradi. L'inventore del progetto è Rich Diver che l'ha mostrato in anteprima lo scorso gennaio, negli scorsi giorni però l'ha testato con successo al di fuori dei laboratori, in una versione molto più grande. Con risultati positivi.
Il CR5 fra 15-20 anni - Si chiama Counter Rotating Ring Receiver Reactor Recuperator per gli amici CR5 visto che conta di una C e cinque R. Inizialmente il progetto studiava un modo per creare abbondante idrogeno a basso costo, ma come si sa le più grandi invenzioni, alla fine, nascono per sbaglio! Le potenzialità sono enormi: si può in un sol colpo produrre grandi quantità di carburanti utilizzando elementi altrimenti nocivi. Tempistiche prima di vederlo in commercio? Purtroppo ci sarà da attendere non meno di 15 - 20 anni, si deve renderlo affidabile e più efficiente.

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La futura auto si chiama Youthmobile

Come sarà l’auto per i giovani della generazione Internet e Facebook, nel 2030? I car design center californiani di Audi, General Motors, Honda, Mazda, Nissan e Toyota si sono proiettati nel futuro per interpretare la Youthmobile 2030, tema del Design Challenge di quest’anno del Los Angeles Auto Show, dai veicoli che incorporano Dna umano, consentendo modifiche nella forma, nei colori e nei materiali, fino ai veicoli non più come semplice mezzo di trasporto, ma come modo di esprimere la propria personalità, collegati ai social network.
In alto il concept Nissan V2G, è un veicolo elettrico personalizzabile che assomiglia a un’aragosta e si guida come una moto. E’ progettato per sfruttare le alte velocità delle griglie elettrificate nelle autostrade del futuro, per consegnare una soluzione di trasporto a basso costo e sicuro, anche con la possibilità di spostamenti di gruppo, accodandosi tra di loro a modo di trenino. Il suo corpo affusolato è a sei ruote, quattro nell’avantreno, coperte, e due in coda.
Sotto La Mazda Souga, nasce dalla progettazione del cliente. I designer Mazda hanno immaginato che saranno i giovani acquirenti, a progettare in 3D e personalizzare in modo virtuale la propria vettura, su un sito Web dedicato, con l’aiuto di una guida. Oltre alla sua struttura assimetrica, la Souga è ricoperta da una pellicola trasparente che si adatta alle forme organiche dello scheletro interno, una soluzione già sperimentata da Bmw col suo prototipo Gina,pubblicato da Futurix.
In basso, la Audi eOra, è un concept car ispirato all’idea di libertà e movimento, che si controlla con i piccoli movimenti o gesti del corpo. Risultato? I movimenti delle ruote si adattano di conseguenza, e ne risulta una guida molto precisa con una sensibilità senza confronti, e una vettura che disegna le curve come uno sciatore che scivola lungo le piste.



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Nuove ipotesi sul meteorite ALH 84001


Un meteorite marziano scoperto nel 1992 in Antartide conterrebbe tracce fossili di microrganismi vissuti anticamente su Marte. Ad anticipare la notizia, in via di pubblicazione sulla rivista scientifica Geochimica et Cosmochimica Acta, è il sito americano specializzato in attività spaziali Spaceflight Now. Il meteorite, Allen Hills o ALH 84001, è noto da tempo agli studiosi, che lo stanno analizzando fin dai primi anni ‘90. Tuttavia nessuno finora aveva trovato tracce fossili. Lo ha fatto il gruppo coordinato da Kathie Thomas Keprta, del Johnson Space Center della Nasa, utilizzando un microscopio elettronico ad alta risoluzione che ha permesso di analizzare i dischi di carbonato e i minuscoli cristalli di magnetite presenti all’interno del meteorite. Secondo gli autori della ricerca i batteri fossili sono racchiusi in cristalli di magnetite, prodotti dagli stessi batteri. La Nasa, riferisce ancora il sito americano, si prepara ad annunciare la scoperta nei prossimi giorni. Le prime osservazioni fatte sullo stesso meteorite vennero annunciate nel 7 agosto 1996 dalla Nasa e dalla Casa Bianca e in quell’occasione l’allora presidente Usa Bill Clinton aveva promesso che le ricerche in questo ambito sarebbero andate avanti.

“I microrganismi fossili su Marte ci sono; da geologo mi saprei stupito se non li avessero visti”: commenta così la notizia Vincenzo Rizzo, del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Firenze e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che ha descritto recentemente formazioni fossili marziane sull’International Journal of Astrobiology e un suo nuovo studio è in via di pubblicazione su un’altra rivista scientifica internazionale. Le ricerche di Rizzo, condotte in collaborazione con Nicola Cantasano, dell’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (Isafom) del Cnr, si basano sull’analisi delle immagini raccolte e trasmesse a Terra dalla sonda della Nasa Opportunity. Riguardano due tipi di formazioni: le sferette soprannominate “mirtilli”, individuate da tempo nella zona del pianeta chiamata Meridiani Planum, la grande pianura a Sud dell’equatore marziano. Le sferule, secondo i due ricercatori italiani, “potrebbero essere strutture organosedimentarie, probabilmente prodotte da microrganismi”. La loro origine potrebbe trovare una spiegazione simile a quella delle strutture chiamate stromatoliti presenti sulla Terra e formate da sottilissime lamine nelle quali sono intrappolati microrganismi antichissimi, sia animali (colonie di batteri) o vegetali (microscopiche alghe). Tuttavia, rileva Rizzo, “é difficile fare qualsiasi parallelo tra i microfossili marziani e qualsiasi forma di vita microscopica sulla Terra”.


Fonte: www.ansa.it


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«Il manoscritto Voynich» Alchimia, Ufo o beffa? E’ il libro più misterioso

Ha fatto impazzire storici e linguisti di ogni Paese, ha resistito agli attacchi dei crittografi di eserciti e servizi segreti di mezzo mondo, ha sconfitto i più sofisticati software di decifrazione di codici, ha ammutolito scienziati e filosofi. È un piccolo volume formato da un centinaio di fogli scritti a mano, di cui non si conosce l’autore, né la data né il luogo di composizione: è conosciuto come «manoscritto Voynich», dal nome inglesizzato dell’antiquario russo di origini polacche Wylfrid Wojnicz che lo acquistò per il suo negozio londinese dai gesuiti del collegio di Villa Mondragone, a Frascati, nel 1912. Ed è considerato l’enigma letterario più sorprendente di tutti i tempi, il libro più misterioso della storia. Che nessuno è in grado di leggere.
Risalente a un periodo compreso fra la fine del Quattro e la prima metà del Cinquecento, scritto in una lingua misteriosa e indecifrabile, arricchito da numerose illustrazioni a colori di piante ignote ai botanici, animali rari, strane figure femminili, stelle e diagrammi, il «manoscritto Voynich» resiste da mezzo millennio a ogni tentativo di decodificazione e traduzione: ha battuto i geroglifici egizi, la scrittura cuneiforme, persino la leggendaria Lineare B minoica. Il suo silenzio è impenetrabile. Pochissimi lo hanno potuto maneggiare – il manoscritto è custodito alla Beinecke Rare Book Library dell’università di Yale -, qualche studioso lo conosce attraverso la riproduzione pubblicata dall’editore francese Jean-Claude Gawsewitch nel 2005, i più ne hanno solo sentito parlare, tramandando il «mistero» attraverso studi specialistici, siti internet, persino romanzi fantasy.
Oggi la storia di questo occulto rompicapo letterario è raccontata, insieme ai numerosi tentativi di decifrazione e alle più fantasiose ipotesi interpretative – un messaggio in codice di una civiltà extraterrestre, un clamoroso falso rinascimentale, un’“enciclopedia” di arcani saperi per una setta di iniziati… – è ripercorsa dal primo saggio scientifico dedicato all’argomento mai apparso in Italia: L’enigma del manoscritto Voynich dello studioso argentino Marcelo Dos Santos (Edizioni Mediterranee).
Secondo una lettera in latino, datata 1666 e trovata allegata al testo, il volume fu acquistato nel 1568 dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, collezionista di nani per il divertimento della corte e di libri esoterici ed altre mirabilia per il proprio piacere. Poi nel XVII secolo scomparve, per riapparire agli inizi del ’900 nella biblioteca gesuita dove lo trovò Wojnicz.

Ma chi l’ha scritto, e perché? Nel 1921 il filosofo statunitense William R. Newbold, specialista in codici cifrati nella Prima guerra mondiale, sostenne che il manoscritto fosse opera del filosofo Ruggero Bacone (1214-93). Altri, confondendo il cognome di Ruggero Bacone, del filosofo rinascimentale Francis Bacon. Negli anni Cinquanta il crittografo americano William Friedman individuò una serie di “ridondanze”, ossia ripetizioni di alcune parole, simili alle formule chimiche, ipotizzando si trattasse di un antico erbario. Nel 1962 Edith Sherwood fece notare la similitudine fra la calligrafia del manoscritto e la scrittura speculare di Leonardo da Vinci; nel 1978 il linguista John Stojko considerò il testo una raccolta di lettere scritte in ucraino, successivamente codificate, ma senza capirne il senso; mentre negli anni Ottanta il fisico Leo Levitov assicurò che il manoscritto fosse opera degli eretici Catari e che celasse i segreti del Giardino dell’Eden. Infine lo psicologo inglese Gordon Rugg, docente di Scienze del calcolo all’Università di Keele, nel 2003 è giunto alla conclusione che si tratti di un falso cinquecentesco, realizzato dall’avventuriero elisabettiano Edward Kelley con la complicità dell’alchimista John Dee per vendere, dietro un compenso di 600 monete d’oro, un testo incomprensibile abilmente contraffatto all’imperatore Rodolfo II. Senza però riuscire del tutto a convincere esperti e profani della reale natura dell’unico libro esistente che nessuno sa leggere: un trattato di alchimia in codice, il delirio di un pazzo, una scrittura perduta o una beffa d’artista?

Fonte

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Gobekli Tepe è un tempio di 12.000 anni fa


Un fregio da Gobekli Tepe

Per il vecchio pastore curdo era solo un altro giorno caldo che bruciava, nella pianura orientale della Turchia. Al seguito del suo gregge verso le aride colline, superò l’albero isolato di gelso, che la gente del posto considerava come ’sacro’. Le campane delle pecore tintinnavano nel silenzio. Poi notò qualcosa. Accovacciato, spazzolò via la polvere e scoprì una strana, grande, pietra oblunga.
L’uomo guardava a sinistra e a destra: c’erano altre pietre rettangolari, piantate nella sabbia. Decise d’informare qualcuno al villaggio, forse le pietre erano importanti.
Il curdo solitario, in quel giorno estivo del 1994, aveva compiuto la più grande scoperta archeologica degli ultimi 50 anni. Altri dicono che aveva fatto la più grande scoperta archeologica di sempre: un sito che ha rivoluzionato il nostro modo di guardare la storia umana, l’origine della religione – e forse anche la verità sul giardino di Eden.
Poche settimane dopo la sua scoperta, la notizia raggiunse i museologi nella antica città di Sanliurfa, dieci miglia a sud-ovest. Essi si misero in contatto con l’Istituto archeologico tedesco di Istanbul. Così, alla fine del 1994, l’archeologo Klaus Schmidt raggiunse il sito di Tepe Gobekli per iniziare gli scavi.
Egli disse: ‘Non appena ho visto le pietre, seppi che, se non me ne andavo immediatamente, sarei rimasto qui per il resto della mia vita.’

Schmidt rimase, e ciò che ha scoperto è sorprendente. Gli archeologi di tutto il mondo sono d’accordo sull’importanza del sito. ‘Gobekli Tepe cambia tutto’, spiega Ian Hodder, della Stanford University.
David Lewis-Williams, docente di archeologia presso l’Università Witwatersrand a Johannesburg, dice: ‘Gobekli Tepe è il più importante sito archeologico del mondo.’
Alcuni vanno oltre e dicono che il sito e le sue implicazioni sono incredibili. Il professore universitario Steve Mithen dice: ‘Gobekli Tepe è troppo straordinario per la mia mente.’
Che cosa ha alimentato e stupito il mondo accademico, solitamente sobrio?
Il sito di Tepe Gobekli è abbastanza semplice da descrivere. Le pietre allungate, scoperte dal pastore, si sono rivelate essere le cime piatte di grandi megaliti a forma di T. Immaginate versioni più snelle e scolpite delle pietre di Stonehenge o Avebury.
La maggior parte di queste pietre erette sono intagliate con immagini bizzarre e delicate – soprattutto di cinghiali e di anatre, di caccia e selvaggina. Sinuosi serpenti sono un altro motivo. Alcuni dei megaliti mostrano gamberi o leoni. Le pietre sembrano imitare forme umane – alcune hanno ‘braccia’ stilizzate, verso il basso, ai lati. Funzionalmente, il sito sembra essere un tempio, o un sito rituale, come i cerchi di pietra dell’Europa occidentale.
Ad oggi, 45 di queste pietre sono state scavate – disposte in cerchi da cinque a dieci metri di diametro – ma vi sono indicazioni che molto di più c’è da scoprire. Indagini geomagnetiche indicano che ci sono centinaia di altre pietre erette, che aspettano solo di essere scavate.
So far, so remarkable. Finora, in modo notevole. If Gobekli Tepe was simply this, it would already be a dazzling site – a Turkish Stonehenge. Se Gobekli Tepe è semplicemente questo, che sarebbe già un abbagliante sito – un turco di Stonehenge. But several unique factors lift Gobekli Tepe into the archaeological stratosphere – and the realms of the fantastical. Diversi fattori unici innalzano però Gobekli Tepe nella stratosfera dell’archeologia – e nel regno del fantastico.

Il sito è stato descritto come 'straordinario' e 'il più importante' sito del mondo.

Il primo è la sua età. La datazione al radiocarbonio mostra che il complesso è di almeno 12.000 anni fa, forse anche 13.000 anni.
Ciò significa che è stato costruito intorno al 10.000 a.C. A titolo di confronto, Stonehenge è stato costruito nel 3000 a.C. e le piramidi di Giza nel 2500 a.C.
Gobekli è quindi il più antico di tali siti nel mondo, con un ampio margine. E’ così vecchio che precede la vita sedentaria dell’uomo, prima della ceramica, della scrittura, prima di tutto. Gobekli proviene da una parte della storia umana che è incredibilmente lontana, nel profondo passato dei cacciatori-raccoglitori.
Come poterono gli uomini delle caverne costruire qualcosa di così ambizioso? Schmidt pensa che bande di cacciatori si siano riuniti sporadicamente nel sito, durante i decenni di costruzione, vivessero in tende di pelle di animali e uccidessero la selvaggina locale per nutrirsi.
Le molte frecce di selce trovate presso Gobekli giocano a sostegno di questa tesi, ma sostengono anche la datazione del sito.
Questa rivelazione, che i cacciatori-raccoglitori dell’Età della Pietra potrebbero avere costruito qualcosa come Gobekli, cambia radicalmente la nostra visione del mondo, perché mostra che la vita degli antichi cacciatori-raccoglitori, in questa regione della Turchia, era di gran lunga più progredita di quanto si sia mai concepito – incredibilmente sofisticata.

Il pastore che scoprì Gobekli Tepe ha 'cambiato tutto', ha detto uno accademico.

E’ come se divinità scese dal cielo avessero costruito Gobekli con le loro mani.
Qui si arriva alla connessione biblico e al mio coinvolgimento nella storia di Gobekli Tepe.
Circa tre anni fa, incuriosito dai primi scarsi dettagli appresi sul sito, mi recai a Gobekli. Fu un lungo e faticoso viaggio, ma ne valeva la pena.
Torna poi, Il giorno stesso in cui sono arrivato mi sono messo a scavare, gli archeologi stavano scoprendo opere d’arte da restare a bocca aperta. Quando quelle sculture sono apparse, ho capito che ero tra i primi a vederle dopo la fine della glaciazione.
Klaus Schmidt mi ha detto che, a suo parere, questo posto era il sito del biblico giardino di Eden. Più in particolare: ‘Gobekli Tepe è un tempio dell’Eden.’
Per capire come un rispettato accademico della statura Schmidt possa fare una tale affermazione da capogiro, è necessario sapere che molti studiosi vedono l’Eden storia come una leggenda, o allegoria.
Vista in questo modo, la storia dell’Eden, nella Genesi, parla di un’umanità innocente e di un passato di cacciatori-raccoglitori che potevano nutrirsi con la raccolta delle frutta dagli alberi, la caccia e la pesca nei fiumi, e trascorrere il resto del tempo in attività di piacere.
Poi l’uomo ‘precipitò’ in una vita più dura, con la produzione agricola, con la fatica incessante e quotidiana. E sappiamo dalle testimonianze archeologiche che la primitiva agricoltura è stata dura, rispetto alla relativa indolenza della caccia.

Ad oggi, gli archeologi hanno scavato 45 pietre delle rovine di Gobekli.

Quando avvenne la transizione dalla caccia e dalla raccolta all’agricoltura stanziale, gli scheletri mutarono – per un certo tempo crebbero più piccoli e meno sani, perché il corpo umano si doveva adattare a una dieta più povera di proteine e ad uno stile di vita più faticoso. stesso modo, gli animali da poco addomesticati diventano più piccoli di taglia.
Ciò solleva la questione: perché l’agricoltura fu adottata da tutti? Molte teorie sono state proposte – a partire dalle concorrenze tribali, la pressione della popolazione, l’estinzione di specie animali selvatiche.
Ma Schmidt ritiene che il tempio di Gobekli riveli un’altra possibile causa. ‘Per costruire un posto come questo, i cacciatori devono essersi riuniti in gran numero. Dopo avere finito l’edificio, probabilmente rimasero riuniti per il culto. Ma poi scoprirono che non potevano alimentare tante persone con una regolare attività di caccia e raccolta.
‘Penso, quindi, che abbiano iniziato la coltivazione di erbe selvatiche sulle colline. La religione spinse la gente ad adottare l’agricoltura.’
La ragione per cui tali teorie hanno uno speciale peso è che il passaggio alla produzione agricola è accaduto prima proprio in questa regione. Queste pianure dell’Anatolia sono state la culla dell’agricoltura.
Il primo allevamento di suini addomesticati del mondo era a Cayonu, a sole 60 miglia di distanza. Anche ovini, bovini e caprini sono stati addomesticati per la prima volta nella Turchia orientale. Il frumento di tutto il mondo discende da una specie di Farro – prima coltivata sulle colline vicino a Gobekli. La coltivazione di altri cereali domestici – come segale e avena – è iniziata qui.

Le pietre scoperte dal pastore si sono rivelate essere la cima di megaliti a forma di T.

Ma c’era un problema per questi primi agricoltori, ed è stato non solo di aver adottato uno stile di vita più dura, anche se in ultima analisi più produttiva. Hanno anche conosciuto una crisi ecologica. In questi giorni il paesaggio che circonda le misteriose pietre di Gobekli è arido e brullo, ma non è stato sempre così. Come le incisioni sulle pietre mostrano – e come resti archeologici rivelano – questa era una volta una ricca regione pastorale.
C’erano mandrie di selvaggina, fiumi ricchi di pesce, e stormi d’uccelli; verdi prati erano inanellati da boschi e frutteti selvatici. Circa 10000 anni fa, il deserto curdo era un ‘luogo paradisiaco’, come dice Schmidt. Quindi, che cosa ha distrutto l’ambiente? La risposta è: l’uomo.
Quando abbiamo iniziato l’agricoltura, abbiamo cambiato il paesaggio e il clima. Quando gli alberi sono stati tagliati, il suolo è stato dilavato via; tutto ciò che l’aratura e la mietitura hanno lasciato era il terreno eroso e nudo. Ciò che era una volta una piacevole oasi è diventata una terra di stress, fatica e rendimenti decrescenti. E così, il paradiso era perduto. Adamo il cacciatore è stato costretto ad allontanarsi dal suo glorioso Eden, come dice la Bibbia.
Naturalmente, tali teorie potrebbero essere respinte in quanto speculazioni. Tuttavia, vi è abbondanza di prove storiche per dimostrare che gli scrittori della Bibbia, quando parlavano dell’Eden, descriveva questo angolo di Anatolia abitato dai Curdi.

L’archeologo Klaus Schmidt accanto ad alcune delle sculture a Gebekli.

Nel Libro della Genesi, è indicato che l’Eden è a ovest dell’Assiria. Gobekli si trova in tale posizione. Allo stesso modo, il biblico Eden è attraversato da quattro fiumi, tra cui il Tigri e l’Eufrate. E Gobekli si trova tra due di questi.
In antichi testi assiri, vi è menzione di un ‘Beth Eden’ – una casa di Eden. Questo piccolo regno era a 50 miglia da Gobekli Tepe.
Un altro libro dell’Antico Testamento parla dei ‘bambini di Eden, che erano in Thelasar’, una città nel nord della Siria, vicino a Gobekli.
La stessa parola ‘Eden’ deriva dal sumerico e significa ‘pianura’; Gobekli si trova nella pianura di Harran.
Così, quando si mette tutto insieme, la prova è convincente. Gobekli Tepe, infatti, è un ‘tempio nell’Eden’, costruito dai nostri fortunati e felici antenati – persone che avevano il tempo di coltivare l’arte, l’architettura e il complesso rituale, prima che il trauma dell’agricoltura rovinasse il loro stile di vita, e devastasse il loro paradiso.
E ‘una splendida e seducente idea. Eppure, ha un sinistro epilogo, dato che la perdita del paradiso sembra aver avuto un effetto strano e abbrutente sulla mente umana.

Molte pietre erette di Gobekli sono incise con 'bizzarre e delicate' immagini, come in questo rettile.

Pochi anni fa, gli archeologi rinvennero presso Cayonu un mucchio di teschi umani. Essi furono trovati sotto una lastra d’altare, tinta con sangue umano.
Nessuno è sicuro, ma questa può essere la prima prova di sacrifici umani: uno dei più inspiegabili comportamenti umani, che potrebbero avere sviluppato solo di fronte ad un terribile stress sociale.
Gli esperti possono discutere sull’evidenza di Cayonu. Ma quello che nessuno nega che è il sacrificio umano abbia avuto luogo in questa regione, tra la Palestina, Israele e Canaan.
L’evidenza archeologica indica che le vittime erano uccise in enormi fosse di morte, i bambini erano sepolti vivi in vasi, altri erano bruciati in grandi giare di bronzo.
Questi atti sono quasi incomprensibili, a meno che non si pensi che la gente aveva imparato a temere le divinità, perché era stata scacciata dal paradiso. Così avrebbe cercato di propiziare la collera dei cieli.
Questa barbarie potrebbe, infatti, essere la chiave di soluzione di un ultimo, sconcertante mistero. I sorprendenti fregi di pietre di Gobekli Tepe si sono conservati intatti per uno strano motivo.
Molto tempo fa, il sito fu deliberatamente e sistematicamente sepolto con un colossale lavoro insieme a tutte le sue meravigliose sculture di pietra.

Le pietre di Gobekli Tepe stanno cercando di parlare con noi attraverso i secoli - un avvertimento di cui dovremmo tener conto.

Intorno al 8000 a.C., i creatori di Gobekli seppellirono la loro realizzazione e il loro glorioso tempio sotto migliaia di tonnellate di terra, creando le colline artificiali sulle quali il pastore curdo camminava nel 1994.
Nessuno sa perché Gobekli fu sepolto. Forse fu una sorta di penitenza: un sacrificio alla divinità della collera, che aveva gettato via il paradiso dei cacciatori. Forse fu per la vergogna della violenza e dello spargimento di sangue che il culto della pietra aveva contribuito a provocare.
Qualunque sia la risposta, i parallelismi con la nostra epoca sono notevoli. Quando contempliamo una nuova era di turbolenza ecologica, pensiamo che forse le silenziose, buie, pietre vecchie di 12000 di Tepe Gobekli stanno cercando di parlare con noi, per metterci in guardia, perché stanno proprio dove abbiamo distrutto il primo Eden.

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