Piramide a Giava con scritta libica
Un’iscrizione in pietra in una scrittura sconosciuta fu scavata da Sir Stanford Haffles nel 1815 in una piramide, sulle pendici del monte Lavu. La scrittura è stata da me identificata come libica e la lingua come antico Maori, apparentemente identica alla lingua maura delle steli del Nord Africa, in scrittura libica. A differenza delle iscrizioni africane, a Giava le consonanti recano puntini che indicano le vocali, secondo l’uso del moderno amharico. La stele è datata all’anno 616 dell’era di Antioco (304 d.C.). I valori consonantici dei caratteri della scrittura libica sono stati determinati da de Sauley (1849) e Chabot (1918) in correlazione ai segni corrispondenti di nomi propri che apparivano in iscrizioni bilingui punico–libiche o latino–libiche. Le vocali non furono riconosciute. La lingua del testo libico rimase conosciuta e fu ritnuta numidico, ossia una lingua ritenuta imparentata al ceppo berbero (Friedrich, 1957), benché una sola parola fosse stata trovata a sostegno di tale asserzione. La recente ricognizione dei caratteri libici in un’iscrizione egizia sull’isola di Pitcairn mi ha spinto ad investigare sulle iscrizioni libiche, con l’immediato risultato che i caratteri a “lettere quadrate”, sino ad ora misteriosi, delle steli di Giava, furono riconosciuti come una variante orientale della scrittura libica. Quando i valori fonetici determinati da de Sauley e Chabot vengono inseriti nelle iscrizioni di Giava, il testo che risulta è immediatamente riconoscibile come una forma primitiva di polinesiano, e corrisponde a quanto già riferito per altre steli di Giava scritte in antico alfabeto semitico (Fell, 1973). Per questa lingua ho proposto il nome di “antico Maori”, ed ho dimostrato che si tratta d’una forma dialettale dell’egiziano parlato in età tolemaica. Come riferisco altrove, le stesse iscrizioni libiche e nord–africane, scritte in lingua libica, si rivelano essere come “antico Maori”. Il contenuto di tali testi aderisce strettamente ai testi paralleli in latino e in punico trovati sulle steli bilingui. La stele qui riportata è, naturalmente, monolingue. L’iscrizione qui riportata mostra con chiarezza che i polinesiani di Giava, nel sec. IV d.C., seguivano la religione persiana, ossia adoravano il Re Sole sotto il nome egizio di Ra, e tra i loro oggetti di culto avevano l’angelo di Mitra chiamato Manaia, alato e con la testa d’uccello. Pubblicherò in seguito altri particolari, qui riferisco unicamente sull’epigrafe, la sua traduzione e note etimologiche. Il Testo: vedi foto collegata alla news Traduzione 1. Questa sacra piramide di Ra i Parsi hanno eretto sul pendio di Hiwa per 2. Il culto di Mitra e Manaia, “Adora i raggi solari e da’ loro voce”. 3. All’alba nel giorno di metà inverno l’ombra tocca la testa della tartaruga 4. A destra, verso sud, e a metà estate tocca 5. L’ombra la tartaruga sul lato nord. In queste date quando il sole sorge 6.gli anziani devono curare il fuoco sul braciere e gli anziani devono pregare e cantare l’inno del giorno di metà inverno. Anno 616 (304 d.C.) Note sulla fraseologia La tartaruga del sud è una larga pietra a forma di tartaruga, posta sul lato destro della base del gradone che sale alla piramide sulla faccia occidentale. La tartaruga del nord sta sul lato sinistro. Tali immagini sono indicate nella relazione degli scavi di Raffles (1844). La frase tra virgolette nella seconda riga della traduzione ricorre anche nell’iscrizione dell’isola di Pitcairn, dove è citata come presa dalle scritture (vedi articolo, Fell 1974). L’ombra cui si riferisce l’iscrizione era probabilmente gettata da un obelisco collocato in cima alla piramide. Potrebbe trattarsi del fallo alto due metri caduto e rotto in due pezzi, scavato da Raffles. Le parole della prima riga e la relativa rozzezza delle lettere della stele, rispetto all’architettura sofisticata, danno l’impressione che i coloni maori di Giava avessero appreso la tecnica della piramide dalla conquista di territori già occupati dai Persiani, o in alternativa costruttori persiani (Parsi) possono essere stati impiegati dalla colonia maori. In questo sito comunque, come in tutta Giava, non rimangono iscrizioni in antico persiano. Vari aspetti del profilo delle tre terrazze della piramide suggeriscono che questo sito di tempio fosse il prototipo sul quale si modellarono l’heiau e l’ahu della Polinesia. Riferimenti J.B. Chabot (1918), Punica, Journal Asiatique, II serie, 11(1), 249–302. H.B. Fell (1973), Egypto–Polynesian Alphabete, 1, Semitic Series of Java and Sulawesi, Egypto–Polynesian Studies (Cambridge, M.C.Z.). H.B. Fell (1973b), Phonetic Mutation in Egypto–Polynesian Languages, ibidem, 37–51. H.B. Fell (1974), An Egyptian Shipweck at Pitcairn Island, ESOP, 1, 1–3. J. Friedrich (1957), Extinct Languages, New York, Philosoph. Lang. Th.S. Raffles 1844), Antiquarian, Architectural and Landscape Illustrations to the History of Java, London, Bohn. F. de Sauley (1849), Observations sur l’Alphabet tifinag, Journal Asiatique, 247–264. Articolo scritto da Barry Fell Fonte: http://www.liutprand.it/