Il mix segreto delle industrie che ci tiene ostaggi del cibo
Best seller Usa denuncia: così le industrie alimentari creano dipendenza verso i loro prodotti. Una sapiente miscela di zuccheri, sali e grassi: quasi impossibile resistere. Ma una via d'uscita c'è.
"Perché quei biscotti hanno un simile potere su di me?" si è chiesto Kessler. "È il cioccolato a rendermeli irresistibili? O il pensiero del biscotto che mi frulla nella testa? Ho trascorso sette anni a cercare di trovare una risposta a questo quesito". La risposta che il dottor Kessler ha finalmente trovato è contenuta in un libro appena uscito che si intitola The end of overeating: taking control of the insatiable american appetite ("La fine dell'eccessivo consumo di cibo: come tenere sotto controllo l'insaziabile appetito americano").
Quando dirigeva la Food and Drug Administration, Kessler ha modernizzato e reso più efficiente l'agenzia, ha esercitato pressioni per un'approvazione più tempestiva di alcuni farmaci, ha sovrinteso alla creazione di etichette standard da apporre agli alimenti con i dati nutrizionali del prodotto. È forse ancora più famoso per aver svolto indagini sul fumo, per aver cercato di applicare severe normative all'industria del tabacco, ed è sempre lui ad aver accusato i produttori di sigarette di aver manipolato il contenuto della nicotina perché creasse dipendenza nei fumatori.
Ora, nel suo libro, Kessler riporta di aver riscontrato alcune affinità tra le strategie adottate dall'industria del tabacco e quelle del settore alimentare, che riesce a mettere in commercio cibi in grado di instaurare nel cervello un desiderio forte e pressoché irresistibile di consumarne di più. Se si parla di semplice stimolazione cerebrale, ha fatto notare Kessler, di per sé i singoli ingredienti non sono particolarmente potenti, ma combinando grassi, zucchero e sale in innumerevoli modi, i produttori di alimenti hanno in un certo senso fatto breccia nel sistema cerebrale dell'auto-gratificazione, creando un circolo vizioso di feedback che stimola incessantemente il nostro desiderio di mangiare, lasciandoci smaniosi di continuare a farlo, anche quando siamo sazi.
Il dottor Kessler non è sicuro che i produttori di alimenti comprendano fino in fondo i principi neuroscientifici delle forze che hanno scatenato, ma di certo le aziende alimentari conoscono bene il comportamento umano, le preferenze, i gusti, i desideri del palato. Nel suo libro, egli descrive in che modo ristoratori e aziende alimentari impastino gli ingredienti di base fino a raggiungere quello che egli ha denominato "il punto di massima estasi". Vi sono catene di ristoranti come Chili's, è uno degli esempi del libro, che offrono "cibo estremamente appetibile, che richiede di essere masticato poco e va giù con grande facilità". Kessler riporta anche il caso delle barrette di cioccolato Snickers, prodotte con "tecnica straordinaria": quando le si mastica, infatti, lo zucchero si scioglie, il grasso si fonde, il caramello avvolge le noccioline così che la confluenza di più aromi porti il palato a provare un'esperienza quasi estatica.
Gli alimenti ricchi di zuccheri e grassi sono arrivati soltanto in tempi relativamente recenti nel panorama alimentare: il dottor Kessler osserva però che oggi gli alimenti sono qualcosa di più che una semplice combinazione di più ingredienti. Vi sono infatti creazioni estremamente complesse, farcite strato dopo strato di sapori stuzzicanti che danno vita a livello cerebrale a un'esperienza multisensoriale. "Il mio obiettivo - scrive Kessler - è spiegare alle persone quello che accade a livello cerebrale quando mangiano un dato alimento, e spiegare loro in che modo il loro cervello sia letteralmente prigioniero di quell'alimento".
Il libro di Kessler, un best seller nella classifica del New York Times, contiene anche la candida ammissione da parte dell'autore di non sapersi controllare e di mangiare in eccesso. "Probabilmente non mi sarei interessato a cercare di capire per quale motivo non sappiamo resistere di fronte a certi cibi se io stesso non lottassi di continuo contro questo fenomeno: ho perso chili e li ho ripresi più volte e ho abiti di ogni taglia, ormai".
Uno dei principali messaggi che Kessler lancia è che mangiare troppo non è sintomo di mancanza di forza di volontà, quanto una sfida biologica resa ancora più difficile da una stimolazione sovrabbondante da parte dell'ambiente alimentare che ci circonda. E così come molti di noi trovano ripugnante fumare, Kessler è convinto che sia possibile arrivare a percezioni analoghe in relazione a dosi troppo abbondanti e a cibo troppo lavorato.
Posted in: RICERCA, SALUTE, SCIENZA on mercoledì 24 giugno 2009 at alle 02:00