Un universo primordiale di stelle gemelle
E' il risultato di una simulazione della sua evoluzione iniziale, che ha fornito anche indicazioni per la verifica sperimentale del modello.
Le prime stelle dell' universo potrebbero essere nate non solitarie, quali sono per lo più oggi, ma a coppie: è questo il risultato di una complessa simulazione delle fasi iniziali dell' universo sviluppata da ricercatori del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology, presso lo SLAC, e della Michigan State University che descrivono il loro lavoro in un articolo pubblicato su " Science Express".
I ricercatori - Matthew Turk, Tom Abel e Brian O'Shea - hanno creato una simulazione al computer estremamente dettagliata della formazione di stelle iniziale. In questo universo virtuale hanno poi immesso gas primordiale e materia oscura, quale doveva esserci subito dopo il Big Bang stando ai dati ricavabili dall'osservazione dell'attuale radiazione cosmica di fondo a microonde, e cioè con una distribuzione per lo più uniforme ma con piccole fluttuazioni che riflettono la struttura iniziale dell' universo.
In questo modo, lavorando ininterrottamente per tre settimane su 64 processori, i ricercatori hanno sviluppato cinque simulazioni relative alla possibile evoluzione di un volume di spazio pari a 400 milioni di miliardi di miglia cubiche, scoprendo che appena alcune centinaia di milioni di anni dal Big Bang già si formavano massicce e caldissime stelle.
In particolare in una delle simulazioni si è osservata la formazione di stelle gemelle in progressivo aumento di massa. "Abbiamo fatto 'girare' queste cinque simulazioni a partire dall'inizio dell' universo e con nostra sorpresa abbiamo trovato che una di esse era davvero speciale", ha detto Abel. "Con questi risultati si apre un intero nuovo regno di possibilità di ricerca."
Queste stelle - ha proseguito il ricercatore - potevano evolvere in coppie di buchi neri in grado di generare onde gravitazionali rilevabili con uno strumento come il Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory e, nel caso di buchi neri più grandi, anche dalla Laser Interferometer Space Antenna. Qualcuna di queste stelle evolutasi in buco ero potrebbe anche aver creato dei lampi di raggi gamma rilevabili dalla missione Swift mission e dal Fermi Gamma-ray Space Telescope."
"Questo - ha concluso Turk - ci aiuterà a raffinare i nostri modelli sul modo in cui si è formata ed evoluta la struttura dell'universo."
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Posted in: ASTRONOMIA, UNIVERSO on lunedì 13 luglio 2009 at alle 13:30