2012: jack london aveva predetto tutto nel suo libro?


«2012: quell'anno Morgan V veniva eletto Presidente degli Stati Uniti dal Consiglio dei Magnati». Potrebbe essere il dialogo di uno dei tanti fantathriller hollywoodiani, quelli che descrivono il trionfo delle oligarchie finanziarie, capaci di condurre l'Occidente vicino al tracollo nel decennio di Bush Jr. Sono invece parole tratte da La peste scarlatta, il lungo racconto scritto da Jack London nel 1912 che descrive il mondo dopo l'apocalisse provocata da un virus letale, storia che letta oggi, in tempi in cui ogni mese si grida alla pandemia, mette ancor più a disagio.

Nei paraggi di quella che era San Francisco si aggirano un vecchio «vecchissimo» e un giovane di dodici anni, Edwin. Affrontando il day after in una lotta senza quartiere di sopravvissuti, tutti contro tutti e intanto ricordano. Il piccolo è spavaldo. Il vecchio parla la nostra lingua, il giovane lo deride e gli chiede cose come «cosa significa Istruzione?». Incontrano altre persone dai nomi bizzarri e il nonno parla di quando a San Francisco abitavano quattro milioni di persone e «stando al censimento del 2010 l'intera popolazione del mondo era di otto miliardi». I due sono «l'uno il mondo intero dell'altro» per citare da La strada di Cormac McCarthy, romanzo che tanto deve a questo racconto di London - l'idea, la location, la «terra desolata» che racconta.

Di Jack London si sa che è famoso ma si conosce invero troppo poco. Il volume ora edito da Adelphi, il terzo curato da Ottavio Fatica dedicato al grande autore californiano, definisce La peste scarlatta come «un racconto orale». Mario Maffi definisce London «un grande storyteller». Aggiungiamo allora che La peste scarlatta è un racconto on the road, poiché fu la strada il luogo dove Jack definì un'identità di cantore del sottopancia dell'America a cavallo dei due secoli.

Per London l'unione tra componente apocalittica e ricerca di giustizia e riscatto era un impulso sincero al quale dedicò molta della propria letteratura, con il grande merito di portarla proprio a coloro che più gli stavano a cuore. Proprio qui sta la forza di chi tramanda storie orali e quando si cimenta con la sua fantascienza trova campo libero per descrivere inquietanti scenari, come un veggente: La peste scarlatta e il primo romanzo di fantapolitica, Il tallone di ferro del 1908, sono due splendidi esempi.

Il futuro si spalma nel golfo che separa il passato dall'adesso continuo della desolazione provocata dal virus: il nonno ricorda aerei che sfrecciavano a 300 km orari verso New York, però intanto affronta una nuova preistoria per sopravvivere. Ma a differenza del piccolo Edwin egli sa dove condurrà, di nuovo, questo terrificante ground zero culturale del nipote: «E' strano riscontrare tracce e vestigia del complicato linguaggio ariano sulle labbra di un piccolo selvaggio sporco e vestito di pelli. È un mondo alla rovescia. E così è rimasto dal tempo della peste».

Nel 1912 incombeva la spaventosa tragedia della Grande Guerra, e probabilmente sulla scorta dell'esperienza di reporter di guerra nel conflitto russo-giapponese del decennio precedente London infila anche questa profezia: «la polvere da sparo tornerà. Niente potrà impedirlo… la stessa vecchia storia si ripeterà. L'uomo si moltiplicherà e gli uomini si combatteranno. La polvere da sparo permetterà agli uomini di uccidere milioni di uomini e solo a questo prezzo, con il fuoco e con il sangue, si svilupperà un giorno ancora lontanissimo una nuova civiltà. E a che pro?».

La fine del mondo non sarà forse scarlatta ma la profezia Maya, la fine del mondo - o il nuovo inizio - del 21 dicembre 2012 intanto si avvicina: come in La peste scarlatta. Così parlò Apocalypse Jack.

(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 12 settembre)

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