L'eredità della Sibilla di Cuma

Lo scrittore Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) elenca bendieci Sibille: la persiana, l'eritrea (da Eritre, in Libia), l'ellespontia, la frigia, lacimmeria, la libica, la delfica, la samia, la cumana, latiburtina. Qualcuno pensava che, in realtà, si trattasse di un'unica Sibilla che si spostava nei diversi luoghi.
La Sibilla Cumana è sicuramente una delle figure oracolari più affascinanti della letteratura latina. La prima menzione di questa Sibilla è in Licofrone, autore greco del III secolo a.C., ma in realtà essa apparve già nel VI secolo quando Tarquinio il Superbo, re di Roma, avrebbe acquistato una cospicua raccolta di oracoli, i Libri Sibillini, scritti su foglie di palma e redatti in esametri greci. La Sibilla offrì nove libri a Tarquinio, il quale trovò il prezzo elevato. Allora la Sibilla ne bruciò tre offrendogli di nuovo i sei rimasti. Tarquinio rifiutò e la Sibilla nè bruciò altri tre. Infine il re accettò di acquistare gli ultimi tre libri rimasti al prezzo di tutti e nove.

I più antichi riferimenti all'antro della Sibilla di Cuma si trovano in un testo pseudoaristotelico. L'invocazione più famosa è quella di Virgilio (70-21 a.C.) che, nel VI libro dell'Eneide descrive l'antro e la figura della Sibilla, maestosa sacerdotessa di Apollo e di Ecate Trivia. Nei secoli successivi il cosiddetto pseudo-Giustino (IV secolo d.C.), Procopio e Agathias (due storici bizantini del VI secolo d.C.), dettero una descrizione dell'antro della Sibilla, per quanto poco attendibile.
Una maggiore attenzione è da dedicare ad altre due fonti che sembrano, però, escludere l'esistenza di una sede oracolare della Sibilla a Cuma, almeno in età tarda. Una di queste fonti è Pausania, che asserisce che i cumani potevano mostrare solo le ceneri della Sibilla, custodite in un'urna all'interno del tempio di Apollo. Un'altra fonte è contenuta nella "Vita di Clodio Albino" (testo anonimo del IV-V secolo d.C.), secondo la quale questo generale del II secolo d.C., rivale di Settimio Severo, si recò ad interrogare l'oracolo nel tempio di Apollo a Cuma.
Anche nel Medioevo si cercò di individuare la sede oracolare della Sibilla, soprattutto sulla scorta di Virgilio e delle indicazioni contenute nell'Eneide. In questo modo si arrivò allesponde del lago d'Averno. Questa identificazione fu ripresa da Petrarca e Boccaccio e restò valida per tutto il Rinascimento. Nel Settecento anche Goethe e Mozart ritenevano che l'altro oracolare si trovasse sulle sponde del lago d'Averno.

Per quanto riguarda le vaticinazioni, Virgilio riferisce che la Sibilla guidò Enea sulle rive del lago d'Averno per interrogare l'ombra di Anchise, padre dell'eroe. Le profezie furono comunque ambigue. Si sa che alcune volte i vaticini venivano scritti, parola per parola, su diverse foglie che venivano, poi, sparpagliate al vento.
I pagani dimenticarono la Sibilla nel corso dei primi secoli della nostra era, ma l'Oracolo, già nel II secolo a.C., era stata assorbita dalla tradizione giudaico alessandrina, che recuperò l'uso degli oracoli e le diede voce tramite alcuni testi in lingua greca detti "Oracoli sibillini".
Posted in: MISTERI, STORIA on domenica 1 novembre 2009 at alle 11:36