Ogni cometa ha la sua storia

Dopo la polvere cometaria raccolta dalla missione Stardust, che ha riportato a terra il suo prezioso carico nel 2006, si sono recentemente conclusi gli studi del materiale prelevato da un aereo NASA in volo nell’alta atmosfera, poco dopo che il nostro pianeta aveva attraversato nel 2003 la coda di polvere di un’altra cometa. Le differenze sono enormi e questo indica che la composizione delle comete può essere ben diversa e più complessa di quanto indicato dai modelli standard.

Cometa-polvere
A grandi altezze, la maggior parte della polvere presente nell’atmosfera non è di origine terrestre, ma proviene dallo spazio. Migliaia di tonnellate di particelle interplanetarie entrano ogni anno nel nostro inviluppo gassoso. Si sapeva che la fonte principale erano le comete, ma mai si era potuto collegare direttamente una singola particella con un ben definito corpo celeste. A parte ovviamente la polvere recuperata dalla sonda Stardust durante la sua missione alla cometa Wild 2 e riportata a terra nel 2006. Le comete dovrebbero essere esempi di materiale ultra-primitivo, risalente alle origini del Sistema Solare, inalterato ed immune da qualsiasi processo chimico e termico. Tuttavia, la Wild 2 ci mostrò invece una notevole quantità di materiale molto più alterato di quanto ci si aspettasse. Forse qualcosa era sbagliato nei modelli?

Le particelle recuperate da un aereo d’alta quota della NASA riuscì nel 2003 a recuperare polvere della cometa Grigg-Skjellerup, poco dopo che la Terra aveva attraversato la sua coda. Avevamo così un altro esempio di materiale da analizzare, proveniente sicuramente da un singolo oggetto celeste. E tutto è risultato all’opposto della polvere di Stardust! Non solo non si sono riscontrate particelle alterate, ma anzi la percentuale di materiale precedente la nascita del Sole era decine di volte superiore a quella di qualsiasi materiale studiato precedentemente nel Sistema Solare. La cometa ci regalava una grande quantità di “fossili” originatisi in antiche supernove. Il confronto con la Wild 2 indica chiaramente che i processi di formazione differiscono di molto da una cometa all’altra. Si spera nel prossimo futuro di aumentare il numero di esempi cometari, in modo da costruire una specie di catalogo, che ci aiuterà moltissimo a capire le inaspettate differenze nei processi formative ed evolutivi dei corpi ghiacciati. Anche nella nostra piccola casa cosmica le emozioni e le scoperte non mancano mai: questo è il bello dell’astrofisica!

Vincenzo Zappalà

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