Una teoria contro il "brodo primordiale"
Le limitazioni termodinamiche implicano che la chemiosmosi è strettamente necessaria per il metabolismo del carbonio e dell'energia in tutti gli organismi che crescono a partire da semplici composti chimici e presumibilmente lo è stata anche nelle prime cellule in grado di vita autonoma
Per circa 80 anni è stata accettata la teoria secondo cui la vita sarebbe cominciata in un “brodo primordiale” di molecole organiche che diedero origine, milioni di anni dopo, ai primi oceani.
Ora questa viene smentita da uno studio pubblicato sulla rivistaBioEssays secondo cui fu invece l'energia chimica disponibile nelle sorgenti idrotermali sul fondo dell'oceano a innescare i primi processi che aprirono la strada ai primi organismi viventi.
La teoria del brodo primordiale fu proposta nel 1929 quando J.B.S. Haldane pubblicò il celebre lavoro sull'origine della vita in cui sosteneva che fosse stata la radiazione ultravioletta a fornire l'energia necessaria a convertire metano, ammoniaca e acqua nei primi composti organici sul nostro pianeta. Gli avversari di questa teoria sottolineano in essa la mancanza di una fonte di energia continuativa.
"Nonostante le falle bioenergetiche e termodinamiche, la teoria del brodo primordiale è rimasta in piedi”, ha spiegato William Martin, biologo evoluzionista dell'Istituto di Botanica III dell'Università di Düsseldorf, in Germania. "I libri di testo recitano che la vita si è originata dal brodo primordiale in cui le prime cellule si formarono fermentando le sostanze organiche ivi presenti per generare energia in forma di ATP; noi forniamo una teoria alternativa, secondo cui la vita si è originata da gas, H2, CO2, N2, e H2S, e che l'energia per le prime forme di vita derivò dallo sfruttamento dei gradienti geochimici presenti nel fondo oceanico nelle sorgenti idrotermali, probabilmente interconnessi da una miriade di compartimenti o pori”.
Lo studio è partito dall'ipotesi che la sorgente di energia che ha alimentato i predecessori degli organismi viventi potesse essere individuata lungo le microscopiche cavità naturali delle sorgenti idrotermali. Il gruppo di ricerca si è perciò concentrato sulle sorgenti alcaline del fondo marino, che producono gradienti chimici molto simili a quelli utilizzati attualmente dalla maggior parte degli organismi viventi, che possiedono un gradiente di protoni attraverso una membrana.
Probabilmente gli organismi primordiali sfruttarono questi gradienti tramite un processo denominato chemiosmosi, in cui il gradiente protonico è utilizzato per la sintesi dell'ATP o di più semplici composti equivalenti. In seguito, l'evoluzione ha fatto sì che le cellule riuscissero a produrre autonomamente il gradiente di protoni tramite un trasferimento di elettroni da "donatore" ad "accettore". Secondo i risultati dello studio, il primo donatore fu l'idrogeno e il primo accettore il CO2.
"Le moderne cellule viventi hanno ereditato le stesse dimensioni del gradiente protonico e la stessa orientazione – positivo all'esterno e negativo all'interno – delle vescicole inorganiche da cui derivano”, ha aggiunto John Allen, biochimico dellaQueen Mary University di Londra e coautore dell'articolo.
"Le limitazioni termodinamiche implicano che la chemiosmosi è strettamente necessaria per il metabolismo del carbonio e dell'energia in tutti gli organismi che crescono a partire da semplici composti chimici e presumibilmente lo è stata anche nelle prime cellule in grado di vita autonoma”, ha concluso Allen. "Nel nostro studio consideriamo in che modo le prime cellule abbiano potuto sfruttare una forza geochimica per poi imparare a gestirla autonomamente.”
Posted in: EVOLUZIONE, STORIA, TEORIE on mercoledì 3 febbraio 2010 at alle 05:26