“Dio” ha creato solo il 4% dell’Universo: entità divina ridimensionata


La concezione del tempo, così come viene comunemente interpretata, giustifica l’”annihilatio” in quanto scorrendo in avanti sembra condurci dall’esserci al non esserci, dall’esistere al non esistere.
La prima cosa da mettere in discussione è dunque il tempo, la dimensione temporale, l’esserci così come noi lo percepiamo, lo viviamo. Se non si parte da questo punto si rischia immediatamente di porsi sul versante sbagliato.
La nostra esperienza quotidiana è quella del tempo che scorre in modo lineare, irreversibile, universalmente uguale, una seria continua di “ora” che procede inesorabilmente al battere cadenzato di un tamburo cosmico. In accordo con la Bibbia, Sant’Agostino formula una concezione lineare del tempo: il tempo ha avuto inizio con Dio e terminerà con il giudizio universale, gli eventi scorrono in avanti, sempre, nella medesima direzione senza possibilità di tornare al passato. Tutto ciò che accade dall’inizio del tempo fino alla sua fine è unico e irripetibile.

Con questa visione del tempo il padre della chiesa algerino sancisce il passaggio epocale dall’assetto temporale dell’antichità, in cui si credeva alla ciclicità del tempo e che ogni evento si dovesse ripetere uguale formando un anello, la cosiddetta ipocatastasi stoica, alla temporalità biblica di derivazione giudaica in cui Dio crea il tempo come una successione lineare di eventi. Il mondo è stato dunque creato da Dio nel tempo, quindi esso non è eterno, ha un inizio ed una fine. La stessa creazione si sviluppa in un periodo di successioni temporali della durata di sei giorni. Dimostrare dunque che la sequenza temporale possa essere messa in dubbio, o ancor meglio provata sarebbe come contestare la stessa forza creatrice di Dio in quanto può esprimersi solo ed esclusivamente in una consequenzialità di eventi. Per la filosofia esistenziale moderna il tempo appare contessuto sia all’esistente sia al nullificato. Esso è il fondamento ontologico di tutto ciò che è stato, sarà e non sarà più. Fino alle ultime particelle, l’universo visibile e non visibile è coinvolto nel tempo e nella storia. Dunque se si prescinde dalla temporalità non si può neppure porre il problema dell’esserci, in quanto, come diceva Sartre, “l’esserci è temporale“, “l’esistenza è tempo” ( Heidegger). Il tempo, inscindibile dalla natura, afferra l’esistere. Anche il nulla cade nella morte. Il tempo è dunque presente anche nel nulla della morte, ma in che modo?

Il nostro tempo, con la morte, è consumato ma non lo è la consumazione del tempo. Il non essere più nel mondo, essere nella condizione morta, appare pertanto uno status, non una eliminazione del tempo. La pausa nella morte costituirebbe solo un episodio nell’immenso arazzo temporalizzato dell’esistente. Per la fisica contemporanea, ad un livello estraneo alla esperienza quotidiana, esiste un tempo dove non funziona più la legge assoluta della freccia del tempo, del volo lineare unidirezionale. Il principio di indeterminazione di Heisemberg ha dimostrato che nell’infinitamente piccolo, nella fisica subatomica, domina la casualità, tutto è qualitativamente diverso, accade l’assurdo come se la materia fosse immateriale: mutamenti casuali seguono leggi bizzarre al punto che il tessuto dell’universo appare un caos. La fisica moderna ha definitivamente dimostrato l’esistenza di un tempo non universalmente uguale ma modellabile, variabile. Possiamo affermare, come dice C. Sanders Peirce, che “non abbiamo alcuna ragione per pensare che il tempo sia perfettamente continuo, uniforme nel suo scorrere“. Non solo, secondo le più recenti scoperte nel cosmo ci sarebbero delle “aperture” che permetterebbero, in uno spazio infinitesimale, di andare da una zona ad un’altra dell’universo. Secondo la teoria di Everett dovrebbero esserci universi con il tempo invertito: “futuro-passato“. Per Einstein questa possibilità era accettabile. Sembra ormai certo che si possa addirittura superare la velocità della luce utilizzando delle particelle superluminari, i tachioni, aprendo la possibilità di “prevedere” accadimenti futuri. Andare nel passato, in un certo senso vuol dire anche andare nel “non più“, nel perduto, nel mondo dei trapassati confinante al niente del mondo dei morti. E’ stupefacente pensare che per la fisica moderna tutti i tipi di temporalità, compreso il nostro, sono veri solo relativamente. In realtà il tempo sarebbe compresente “in blocco” (si parla di block universe) privo di direzionalità fissa passato-futuro ( Mc Taggart). Vivi e morti assieme colti in un sol sguardo. Godel ha sempre pensato che “lo scorrere non può essere chiamato tempo“.
In definitiva, dopo Einstein, i fisici generalmente rifiutano l’idea che gli eventi accadano lungo lo scorrere del tempo, preferendo la tesi dell’esistenza statica del tempo, non più come scorrimento ma immobile supporto al fondo di ogni istante. Essere vivi ed essere morti, è tutto qui presente da sempre e lo sarà per sempre. Il presente non si muove, non scorre né passa.

E’ come dire che, se il tempo non c’è, l’intero universo, perdendo il substrato temporale, diventa senza inizio e senza fine.
Recentemente la meccanica quantistica ha introdotto il concetto di “entanglement” ossia la possibilità che particelle subatomiche possano interagire tra di loro a distanze infinite in un tempo nullo. Questa teoria, che potrebbe addirittura mettere in discussione la teoria einsteniana della relatività, proverebbe che tutta la realtà è immersa in uno stato in cui il tempo non esiste, è nullo, in quanto tutto accade istantaneamente.
Julian Barbour, noto fisico teorico inglese, nel suo libro “la fine del tempo” spiega come le equazioni di Einstein non descrivono la geometria di uno spazio-tempo a quattro dimensioni, bensì l’evoluzione di spazi tridimensionali, fissati in una dimensione del tutto atemporale. Dunque, secondo la sua teoria, deve esistere qualcosa di statico che ci fornisce costantemente l’illusione del mutamento. Sean M. Carroll, fisico della California Institute of Tecnology, ci informa che il nostro universo potrebbe essere parte di un multiuniverso molto più vasto che, nel suo complesso, è simmetrico rispetto al tempo. E in altri universi il tempo potrebbe scorrere all’indietro. Sempre Carroll suggerisce una soluzione per la freccia del tempo: che noi riusciamo soltanto a vedere una zona minuscola di un paesaggio più vasto che è pienamente simmetrico rispetto al tempo. In questo paesaggio compaiono, grazie a fluttuazioni in entrambe le direzioni del tempo , dei veri e propri “universi neonati” che proliferano e si svuotano generando altri neonati. Già Boltzmann nel 1898 aveva sviluppato l’idea secondo cui l’universo è un aggregato di “mondi individuali“, ciascuno dei quali è una fluttuazione interna ad un equilibrio termico globale dove il tempo non scorre. All’interno di ogni mondo individuale il secondo principio della termodinamica e la nozione di entropia descrivono processi dove appare una direzione del tempo. Le creature viventi si limitano a “stimare il tempo in quanto procede dagli stati meno probabili a quelli più probabili. Queste fluttuazioni generano l’apparenza del passato e del futuro.

Concludendo c’è da rimarcare che la nostra concezione di tempo, quella a noi trasferita dalla chiesa cattolica e da noi sperimentata riguarda, secondo le recenti scoperte scientifiche, solo il 4% della materia visibile. Il restante 96% è materia ed energia “oscura“. Ne consegue che quando Dio dice “Io sono colui che sono!” (Es 3, 13-15) ed in Genesi 1,2 si afferma che ” la terra era informe e vuota e le tenebre erano sopra la faccia dell’abisso: e lo spirito di Dio si moveva sopra le acque” (Bibbia Martini e Bibbia Vulgata) ci si trova di fronte ad un Dio che agisce in una sfera molto limitata rendendolo incompleto. La sua temporalità lo definisce e lo circoscrive in uno spazio tutt’altro che infinito e relativo solo ad una percentuale limitatissima del suo agire. I teologi sono disorientati. Il senso stesso di Dio ne risulta fortemente ridimensionato.

Articolo scritto da Ludovico Polastri, fonte http://www.padovanews.it/


0 commenti, commenta qui: