Scoperta rarissima stella di neutroni


È una nuova «magnetar». Ha un campo magnetico 100mila miliardi di volte più intenso di quello terrestre

MILANO - È stata scoperta una nuova «magnetar», una rarissima stella di neutroni dal campo magnetico estremamente potente, tanto che permette di osservare il comportamento della materia in condizioni estreme e irriproducibili sulla Terra. La scoperta si deve a un gruppo internazionale di astronomi guidato dall'italiana Nanda Rea, dell'università di Amsterdam, e del quale fanno parte molti ricercatori dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
LA SCOPERTA - Lo studio, in corso di pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, è stato condotto utilizzando i telescopi spaziali Swift, Xmm-Newton e Integral. I magnetar sono stelle di neutroni rarissime (se ne conoscono appena 15) ed hanno un campo magnetico circa 100 mila miliardi di volte più intenso di quello terrestre. Se ci fosse un magnetar a metà strada fra Terra e Luna, riuscirebbe a smagnetizzare tutti i bancomat e le carte di credito della Terra. Questi oggetti così particolari sono anche silenziosi: si fanno notare solo quando avviene un'esplosione innescata dalla forte instabilità del loro campo magnetico. Un evento di questo tipo è stato registrato il 22 agosto scorso da un sensore per raggi X a bordo del satellite Swift della Nasa, proveniente da un oggetto a 15. mila anni luce dalla Terra. L'oggetto, chiamato Sgr 0501+4516, è l'ultimo magnetar finora scoperto.

DUE TIPI - «Esistono due classi di magnetar: i pulsatori X anomali e i ripetitori gamma soft», spiega Gianluca Israel, astrofisico dell'osservatorio di Roma dell'Inaf. «Di questi ultimi, i ripetitori gamma soft, non ne trovavamo da dieci anni, sono davvero molto rari. Anche perchè, fino a qualche anno fa, per sorprenderli in attività occorreva una certa fortuna». Adesso vederli è più facile grazie al satellite Swift, mentre con altri satelliti astronomici è possibile seguirne l'attività. Per il responsabile dello Science Data Center dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Paolo Giommi, «la possibilità di osservare la stessa sorgente con più satelliti è fondamentale per lo studio dei fenomeni più violenti ed enigmatici dell'universo».
fonte-www.corriere.it

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