Una nuova tecnica per lo studio degli isotopi


E' possibile distinguere i differenti isotopi distinguendo le frequenze laser assorbite quando le molecole del campione sono convertite in altre per effetto della combustione

Più semplice, economico e leggero: questi in sintesi i pregi di un nuovo metodo di analisi isotopica messo a punto da Richard Zare e colleghi della Stanford University e descritto sull'ultimo numero della rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

"Tutto si svolge sfruttando fumo e specchi”, ha spiegato Richard Zare, che ha fornito una dettagliata descrizione del nuovo metodo. "Si tratta infatti di bruciare i campioni chimici di interesse e far passare i fumi attraverso un fascio laser che si propaga avanti e indietro tra due specchi all'interno di uno speciale contenitore".

L'idea di base è che è possibile distinguere i differenti isotopi oggetto di analisi distinguendo le diverse frequenze laser assorbite quando le molecole del campione sono convertite in altre per effetto della combustione.

L'analisi isotopica è utilizzata in un'ampia gamma di ricerche, dalla geochimica alla medicina, passando per la climatologia. Finora, l'analisi è stata condotta con spettrometri di massa, che separano i diversi isotopi di una specie chimica in base alle loro masse sfruttando un campo magnetico. Questo tipo di tecnologia è tuttavia di grandi dimensioni e costosa e richiede personale specializzato per il funzionamento.

Il dispositivo messo a punto a Stanford è più piccolo, più economico e più facile da utilizzare rispetto alle apparecchiature tradizionali, inoltre le sue piccole dimensioni ne garantiscono un'ottima trasportabilità. È possibile quindi prevedere che possa aprire la strada dell'analisi isotopica a molti ricercatori che attualmente non hanno mezzi sufficienti per dotarsi delle apparecchiature attuali.

Unico neo dello strumento, per ora, è la sua limitata sensibilità di rivelazione. Mentre infatti le tecniche standard sono in grado di distinguere rapporti isotopici con un'accuratezza di 1-3 parti per mille, il dispositivo di Zare e colleghi è da 10 a 30 volte meno preciso, anche se si tratta di un primo prototipo per dimostrare la fattibilità del progetto.

fonte-lescienze.espresso.repubblica.it

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