I Giganti della Patagonia
La prima descrizione sui Giganti della Patagonia deriva da un documento sul viaggio del famoso esploratore portoghese Fernão de Magalhães meglio conosciuto come Ferdinando Magellano. Magellano però non mise mai per iscritto il resoconto del suo viaggio, poiché fu ucciso in una battaglia nel 1521 a Mactan nelle Filippine, molto tempo prima che la sua nave ritornò in Europa. Dei 260 uomini che partirono con lui nel 1519, ne ritornarono solo 18. E tra questi, l’italiano Antonio Pigafetta, si occupò di mettere per iscritto una descrizione del viaggio.
Ed è proprio nel suo libro “Relazione del primo viaggio intorno al mondo” pubblicato nel 1524, che Pigafetta scrive a proposito dei giganti della Patagonia:
“…Partendo de qui arrivassemo fino a 49 gradi a l'Antartico. Essendo l'inverno le navi intrarono in uno bon porto per invernarse. Quivi stessemo dui mesi senza vedere persona alcuna. Un dì a l'improvviso vedessemo un uomo, de statura de gigante, che stava nudo ne la riva del porto, ballando, cantando e buttandose polvere sovra la testa. Il capitano generale mandò uno de li nostri a lui, acciò1 facesse li medesimi atti in segno di pace, e, fatti, lo condusse in una isoletta dinanzi il capitano generale. Quando fu nella sua e nostra presenzia, molto se meravigliò e faceva segni con un dito alzato, credendo venissemo dal cielo. Questo era tanto grande che li davamo alla cintura e ben disposto2: aveva la faccia grande e dipinta intorno de rosso e intorno li occhi de giallo, con due cuori dipinti in mezzo delle galte3. Li pochi capelli che aveva erano tinti de bianco: era vestito de pelle de animale coside sottilmente4 insieme; el quale animale ha el capo et orecchie grande come una mula, il collo e il corpo come uno camello, le gambe di cervo e la coda de cavallo; e nitrisce come lui: ce ne sono assaissimi in questa terra. Aveva alli piedi albarghe de la medesima pelle, che coprono li piedi a uso de scarpe, e nella mano uno arco curto e grosso, la corda alquanto piú grossa di quella del liúto, fatta de le budelle del medesimo animale, con uno mazzo de frecce de canne non molto longhe, impennate come le nostre. Per ferro, ponte5 de pietra de fuoco bianca e negra, a modo de frezze turchesche6, facendole con un'altra pietra…”
1. Affinchè
2. Ben proporzionato
3. Guancie
4. Cucite sapientemente
5. Punte
6. Turche
Secondo Pigafetta, Magellano diede il nome Patagão (o Patagoni) alla popolazione di quella regione, la Patagonia. Pigafetta però non descrive come si arrivò a questo nome,e le interpretazioni popolari seguenti hanno dato credito al significato terra di giganti. Un’altra credenza dominante fin dai tempi di Pigafetta è che “Patagonia” è l’equivalente spagnolo di “piedi grandi” o “ terra del popolo dai grandi piedi” . Questo tuttavia è improbabile, “Pata” può essere tradotto dallo spagnolo come "piede”, ma il suffisso “Gon” non significa niente,. Il termine molto probabilmente è derivato da un nome, Patagón, una creatura selvaggia destritta da Primaleón di Grecia, l'eroe del romanzo spagnolo nel Racconto di cavaliere errante, di Francisco Vázquez. Il libro fu pubblicato nel 1512, ed era uno dei libri preferiti da Magellano. Questo infatti, molto probabilmente, accostò alla figura dei nativi Patagoni, che erano vestiti di pelli e che mangiavano carne cruda, la figura del Patagòn.
Altre descrizioni sui giganti della Patagonia sono state fatte dal resoconto del viaggio di Sir Thomas Cavendish:
“… Qui i selvaggi ferirono due uomini della compagnia con le loro frecce, che erano fatte di canna, e armate con pietre focaie. Erano una sorta di creature rudi e selvagge; e, a quanto pareva, una razza di giganti, la cui misura di uno dei loro piedi era di 18 pollici di lunghezza, che, calcolando con la normale proporzione, darà circa 7 piedi e mezzo per la loro statura …”
Un altro che parla dei giganti Patagoni è Charles Debrosses che nel suo libro “Historie des navigations aux terres australes”, pubblicato nel 1756, li descrive così:
“La costa del Porto Desire è abitata da giganti alti da 15 a 16 palmi. Io stesso ho misurato l’impronta di uno di loro sull’argine, che era quattro volte più lunga di una delle nostre. Ho misurato anche i cadaveri di due uomini sepolti recentemente presso il fiume, che erano lunghi 14 palmi. Tre dei nostri uomini, che successivamente furono presi dalla Spagna sulla costa del Brasile, mi hanno assicurato che un giorno dall’altra parte della costa dovettero navigare a mare perché i giganti cominciarono a gettare grandi blocchi di pietre di dimensioni sorprendenti dalla spiaggia vicino alla loro barca. In Brasile ho visto uno di questi giganti che Alonso Díaz aveva catturato a Port Saint Julien: era solo un ragazzo, ma era già alto 13 palmi. Queste persone andavano in giro nude e avevano lunghi capelli; quello che ho visto in Brasile era sano all’apparenza e ben proporzionato per la sua altezza. Non posso dire niente sulle sue abitudini, non avendo passato del tempo con lui, ma il Portoghese mi disse che il gigante non è meglio di altri cannibali lungo la costa de La Plata”.
Anche il capitano Cook scrisse nel suo giornale di bordo di una razza di giganti che abitavano la Patagonia. Affermò anche di aver catturato uno dei giganti, però purtroppo questo riuscì a scappare rompendo le corde che lo tenevano legato all’albero della nave e buttandosi nel mare.
Inoltre in un altro passo Cook scrisse nel giornale di bordo che lui stesso era alto era alto 6 piedi e 3 pollici, che era una cosa insolita in un tempo in cui l’altezza media di un uomo era di 5 piedi e 4 pollici, e che poteva stare facilmente sotto il braccio di uno dei di questi giganti.
Nel 1767 il capitano John Byron e la H.M.S. Dolphin tornò al porto e pubblicò "Voyage Round the World in His Majesty’s Ship the Dolphin" in cui scrive:
“… ponendo fine alla disputa che per due secoli e mezzo è viva tra geografi, in relazione alla realtà in cui vi fosse una nazione di persone di una tale stupefacente statura, della quale la concomitante testimonianza di tutti a bordo della nave Dolphin e Tamer ora non può lasciare dubbi.”
In una successiva pubblicazione il capitano Byron, per precauzione, decise di regalare una serie di bigiotterie, collane, perline, nastri ai Patagoni, per convincerli del loro pacifico carattere, e il modo per darli a questi fu di fare sedere a terra i Patagoni in modo da facilitare la disposizione delle collane di perline attorno al collo, però “tale fu la loro stazza, che in questa situazione erano alti quasi quanto il Commodore in piedi.”
La storia dei giganti era continuata per ben due secoli e mezzo infondendo negli Europei la credenza che la Patagonia fosse un luogo all’estrema periferia del mondo e della realtà con i suoi misteri e leggende. Questa mania per i giganti finì nel 1773, quando John Hawkesworth scrisse un compendio per la Marina dove, avendo raccolto anche le pubblicazioni di James Cook e di John Byron, evidenziò che questi erano stati a contatto con persone alte all’incirca due metri e quindi non giganti. Da qui la moda dei giganti diminuì, e altre piccole discussioni sulla statura dei nativi Patagoni riaffiorarono solamente nel XIX e XX secolo.
Ed è proprio nel suo libro “Relazione del primo viaggio intorno al mondo” pubblicato nel 1524, che Pigafetta scrive a proposito dei giganti della Patagonia:
“…Partendo de qui arrivassemo fino a 49 gradi a l'Antartico. Essendo l'inverno le navi intrarono in uno bon porto per invernarse. Quivi stessemo dui mesi senza vedere persona alcuna. Un dì a l'improvviso vedessemo un uomo, de statura de gigante, che stava nudo ne la riva del porto, ballando, cantando e buttandose polvere sovra la testa. Il capitano generale mandò uno de li nostri a lui, acciò1 facesse li medesimi atti in segno di pace, e, fatti, lo condusse in una isoletta dinanzi il capitano generale. Quando fu nella sua e nostra presenzia, molto se meravigliò e faceva segni con un dito alzato, credendo venissemo dal cielo. Questo era tanto grande che li davamo alla cintura e ben disposto2: aveva la faccia grande e dipinta intorno de rosso e intorno li occhi de giallo, con due cuori dipinti in mezzo delle galte3. Li pochi capelli che aveva erano tinti de bianco: era vestito de pelle de animale coside sottilmente4 insieme; el quale animale ha el capo et orecchie grande come una mula, il collo e il corpo come uno camello, le gambe di cervo e la coda de cavallo; e nitrisce come lui: ce ne sono assaissimi in questa terra. Aveva alli piedi albarghe de la medesima pelle, che coprono li piedi a uso de scarpe, e nella mano uno arco curto e grosso, la corda alquanto piú grossa di quella del liúto, fatta de le budelle del medesimo animale, con uno mazzo de frecce de canne non molto longhe, impennate come le nostre. Per ferro, ponte5 de pietra de fuoco bianca e negra, a modo de frezze turchesche6, facendole con un'altra pietra…”
1. Affinchè
2. Ben proporzionato
3. Guancie
4. Cucite sapientemente
5. Punte
6. Turche
Secondo Pigafetta, Magellano diede il nome Patagão (o Patagoni) alla popolazione di quella regione, la Patagonia. Pigafetta però non descrive come si arrivò a questo nome,e le interpretazioni popolari seguenti hanno dato credito al significato terra di giganti. Un’altra credenza dominante fin dai tempi di Pigafetta è che “Patagonia” è l’equivalente spagnolo di “piedi grandi” o “ terra del popolo dai grandi piedi” . Questo tuttavia è improbabile, “Pata” può essere tradotto dallo spagnolo come "piede”, ma il suffisso “Gon” non significa niente,. Il termine molto probabilmente è derivato da un nome, Patagón, una creatura selvaggia destritta da Primaleón di Grecia, l'eroe del romanzo spagnolo nel Racconto di cavaliere errante, di Francisco Vázquez. Il libro fu pubblicato nel 1512, ed era uno dei libri preferiti da Magellano. Questo infatti, molto probabilmente, accostò alla figura dei nativi Patagoni, che erano vestiti di pelli e che mangiavano carne cruda, la figura del Patagòn.
Altre descrizioni sui giganti della Patagonia sono state fatte dal resoconto del viaggio di Sir Thomas Cavendish:
“… Qui i selvaggi ferirono due uomini della compagnia con le loro frecce, che erano fatte di canna, e armate con pietre focaie. Erano una sorta di creature rudi e selvagge; e, a quanto pareva, una razza di giganti, la cui misura di uno dei loro piedi era di 18 pollici di lunghezza, che, calcolando con la normale proporzione, darà circa 7 piedi e mezzo per la loro statura …”
Un altro che parla dei giganti Patagoni è Charles Debrosses che nel suo libro “Historie des navigations aux terres australes”, pubblicato nel 1756, li descrive così:
“La costa del Porto Desire è abitata da giganti alti da 15 a 16 palmi. Io stesso ho misurato l’impronta di uno di loro sull’argine, che era quattro volte più lunga di una delle nostre. Ho misurato anche i cadaveri di due uomini sepolti recentemente presso il fiume, che erano lunghi 14 palmi. Tre dei nostri uomini, che successivamente furono presi dalla Spagna sulla costa del Brasile, mi hanno assicurato che un giorno dall’altra parte della costa dovettero navigare a mare perché i giganti cominciarono a gettare grandi blocchi di pietre di dimensioni sorprendenti dalla spiaggia vicino alla loro barca. In Brasile ho visto uno di questi giganti che Alonso Díaz aveva catturato a Port Saint Julien: era solo un ragazzo, ma era già alto 13 palmi. Queste persone andavano in giro nude e avevano lunghi capelli; quello che ho visto in Brasile era sano all’apparenza e ben proporzionato per la sua altezza. Non posso dire niente sulle sue abitudini, non avendo passato del tempo con lui, ma il Portoghese mi disse che il gigante non è meglio di altri cannibali lungo la costa de La Plata”.
Anche il capitano Cook scrisse nel suo giornale di bordo di una razza di giganti che abitavano la Patagonia. Affermò anche di aver catturato uno dei giganti, però purtroppo questo riuscì a scappare rompendo le corde che lo tenevano legato all’albero della nave e buttandosi nel mare.
Inoltre in un altro passo Cook scrisse nel giornale di bordo che lui stesso era alto era alto 6 piedi e 3 pollici, che era una cosa insolita in un tempo in cui l’altezza media di un uomo era di 5 piedi e 4 pollici, e che poteva stare facilmente sotto il braccio di uno dei di questi giganti.
Nel 1767 il capitano John Byron e la H.M.S. Dolphin tornò al porto e pubblicò "Voyage Round the World in His Majesty’s Ship the Dolphin" in cui scrive:
“… ponendo fine alla disputa che per due secoli e mezzo è viva tra geografi, in relazione alla realtà in cui vi fosse una nazione di persone di una tale stupefacente statura, della quale la concomitante testimonianza di tutti a bordo della nave Dolphin e Tamer ora non può lasciare dubbi.”
In una successiva pubblicazione il capitano Byron, per precauzione, decise di regalare una serie di bigiotterie, collane, perline, nastri ai Patagoni, per convincerli del loro pacifico carattere, e il modo per darli a questi fu di fare sedere a terra i Patagoni in modo da facilitare la disposizione delle collane di perline attorno al collo, però “tale fu la loro stazza, che in questa situazione erano alti quasi quanto il Commodore in piedi.”
La storia dei giganti era continuata per ben due secoli e mezzo infondendo negli Europei la credenza che la Patagonia fosse un luogo all’estrema periferia del mondo e della realtà con i suoi misteri e leggende. Questa mania per i giganti finì nel 1773, quando John Hawkesworth scrisse un compendio per la Marina dove, avendo raccolto anche le pubblicazioni di James Cook e di John Byron, evidenziò che questi erano stati a contatto con persone alte all’incirca due metri e quindi non giganti. Da qui la moda dei giganti diminuì, e altre piccole discussioni sulla statura dei nativi Patagoni riaffiorarono solamente nel XIX e XX secolo.
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