Un patogeno che altera le scelte sessuali
Un virus ha mostrato di essere in grado di modificare i comportamenti di accoppiamento, nelle popolazioni di rane selvatiche della Gran Bretagna
C'è un virus che ha mostrato di essere in grado di modificare i comportamenti di accoppiamento, almeno nelle rane. Lo ha scoperto Amber Teacher insieme a colleghi del Royal Holloway, University of London, nel quadro di una serie di ricerche volte a studiare il declino delle popolazioni di molti anfibi in corso da diversi anni.
I ranavirus sono un gruppo di patogeni che ha fatto la sua comparsa in Gran Bretagna agli inizi degli anni ottanta. La presenza di ranavirus in una popolazione di anfibi è associata solitamente a elevati tassi di mortalità e spesso solo pochi individui infettati sopravvivono fino all'accoppiamento. Di conseguenza ci si dovrebbe aspettare che in quelle popolazioni i legami di parentela siano molto più frequenti e stretti del normale. Ma, come hanno scoperto i ricercatori, le cose in realtà non stanno così.
Secondo la Teacher, che firma con i colleghi un articolo pubblicato sulla rivista "Molecular Ecology", la mancanza di un elevato tasso di parentela all'interno di queste popolazioni è dovuto a un cambiamento della strategia di accoppiamento delle rane: le rane sane tenderebbero ad accoppiarsi con frequenza molto maggiore con altre rane sane, lasciando che quelle infettate si accoppino fra di loro. Le rane selezionerebbero il partner sulla base del loro complesso maggiore d'istocompatibilità, un elemento centrale del sistema immunitario. Dato che normalmente la rana trova il compagno d'accoppiamento in modo casuale, si tratterebbe dunque di un significativo cambiamento di comportamento.
La scelta del partner sulla base del MHC non è in realtà insolita in molte altre specie del mondo animale e si ritiene che esso abbia un ruolo anche nell'uomo.
Se questi effetti comportamentali delle malattie fossero diffusi, osservano i ricercatori, ciò vorrebbe dire che in passato sono stati sottovalutati e dovremmo riconsiderare l'impatto di certe malattie sugli animali e al modo in cui guardare la gestione delle patologie negli animali.
Il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di tenere sotto osservazione le popolazioni naturali di rane. "La ricerca sulle malattie fra gli animali selvatici trarrebbe grandi benefici da questi studi a lungo termine, permettendoci di osservare come ospite e patogeno rispondono l'uno all'altro nel corso del tempo", ha concluso la Teacher.
I ranavirus sono un gruppo di patogeni che ha fatto la sua comparsa in Gran Bretagna agli inizi degli anni ottanta. La presenza di ranavirus in una popolazione di anfibi è associata solitamente a elevati tassi di mortalità e spesso solo pochi individui infettati sopravvivono fino all'accoppiamento. Di conseguenza ci si dovrebbe aspettare che in quelle popolazioni i legami di parentela siano molto più frequenti e stretti del normale. Ma, come hanno scoperto i ricercatori, le cose in realtà non stanno così.
Secondo la Teacher, che firma con i colleghi un articolo pubblicato sulla rivista "Molecular Ecology", la mancanza di un elevato tasso di parentela all'interno di queste popolazioni è dovuto a un cambiamento della strategia di accoppiamento delle rane: le rane sane tenderebbero ad accoppiarsi con frequenza molto maggiore con altre rane sane, lasciando che quelle infettate si accoppino fra di loro. Le rane selezionerebbero il partner sulla base del loro complesso maggiore d'istocompatibilità, un elemento centrale del sistema immunitario. Dato che normalmente la rana trova il compagno d'accoppiamento in modo casuale, si tratterebbe dunque di un significativo cambiamento di comportamento.
La scelta del partner sulla base del MHC non è in realtà insolita in molte altre specie del mondo animale e si ritiene che esso abbia un ruolo anche nell'uomo.
Se questi effetti comportamentali delle malattie fossero diffusi, osservano i ricercatori, ciò vorrebbe dire che in passato sono stati sottovalutati e dovremmo riconsiderare l'impatto di certe malattie sugli animali e al modo in cui guardare la gestione delle patologie negli animali.
Il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di tenere sotto osservazione le popolazioni naturali di rane. "La ricerca sulle malattie fra gli animali selvatici trarrebbe grandi benefici da questi studi a lungo termine, permettendoci di osservare come ospite e patogeno rispondono l'uno all'altro nel corso del tempo", ha concluso la Teacher.
lescienze.espresso.repubblica.it
Posted in: NATURA, RICERCA, SCIENZA on martedì 1 settembre 2009 at alle 04:22