Fenomenale : Meteoriti riportano alla luce depositi di ghiaccio su marte

Alcune meteoriti, che recentemente hanno colpito Marte, hanno portato alla luce depositi d’acqua congelata appena al di sotto della superficie del pianeta rosso. Le foto dei luoghi di impatto prese dalla sonda della NASA MRO (”Mars Reconnaissance Orbiter”) mostrano che l’acqua congelata potrà essere a disposizione degli esploratori del pianeta rosso a latitudini più basse di quanto precedentemente si fosse mai pensato.

ghiaccio su marte
“Questo ghiaccio è una reliquia di un clima più umido che esisteva forse parecchie migliaia di anni fa” dice Shane Byrne dell’Università di Tucson, in Arizona, membro del team che è responsabile della HiRISE Camera dell’Orbiter (High Resolution Imaging Science Experiment), che ha catturato alcune immagini senza precedenti. Byrne e altri 17 autori parlano dei risultati ottenuti in un articolo nell’edizione del 25 settembre della rivista Science.

“Ora noi sappiamo che possiamo usare i nuovi siti di impatto come luoghi di partenza per la ricerca di ghiaccio appena al di sotto della superficie” aggiunge Megan Kennedy della Malin Space Science Systems di San Diego, una co-autrice dell’articolo e membro del team che gestisce la Context Camera dell’Orbiter.

Finora questo apparecchio ha trovato del ghiaccio brillante, appena esposto alla luce, in cinque siti marziani dove appaiono altrettanti nuovi crateri, la cui profondità va da circa mezzo metro a quasi 2 metri e mezzo: questi crateri non esistevano nelle immagini precedenti degli stessi siti. Le zone luminose poi si sono scurite nelle settimane successive alle osservazioni iniziali, dato che il ghiaccio appena esposto ai raggi solari si è vaporizzato nell’atmosfera tenue di Marte.

Queste scoperte indicano che il ghiaccio si trova sotto la superficie di Marte, a metà strada fra il Polo Nord e l’Equatore, quindi a latitudini molto più basse di quanto prevedibile con un clima asciutto come quello di Marte.

Nel corso di una settimana marziana, la Context Camera della sonda ha fornito più di 200 immagini di Marte, a coprire un’area totale maggiore della California. I componenti del team hanno esaminato ogni immagine e a volte hanno trovato punti più scuri, traccia di nuovi e piccoli crateri, in un terreno coperto di polvere. Effettuando il confronto con foto precedenti delle stesse zone, potevano dunque verificare se una certa formazione fosse nuova. Facendo così, il team ha trovato più di 100 luoghi freschi di impatto.

Un’immagine del 10 agosto 2008, ha rivelato tracce di crateri più recenti rispetto ad un’immagine della stessa zona ripresa 67 giorni prima. L’opportunità di studiare un luogo fresco di impatto ha richiesto dunque un’occhiata più approfondita da parte della Camera ad Alta Risoluzione dell’Orbiter, che infatti, il 12 settembre 2009, ha confermato un gruppo di piccoli crateri.

“E’ saltato fuori qualcosa di insolito” dice Byrne, “Abbiamo osservato il materiale che dalle profondità dei crateri brillava con un colore particolare. Assomigliava molto a ghiaccio”. Il materiale brillante di quel sito non copriva però un’area sufficientemente grande perché lo spettrometro dell’Orbiter potesse determinarne la composizione. “Era proprio ghiaccio?”: questa la domanda che ricorreva tra i membri del team. La risposta è venuta da un altro cratere, con una zona molto più grande di materiale brillante.

“Eravamo proprio emozionati quando l’abbiamo visto, ma abbiamo dovuto fare un rapido passo indietro sulle osservazioni precedenti” dice un altro co-autore dello stesso articolo, Kim Seelos, del Laboratorio di Fisica Applicata dell’Università John Hopkins di Laurel, “Tutti pensavamo (ndr: e speravamo!) che fosse ghiaccio, ma era fondamentale ottenere lo spettro per avere una conferma”.

Uno scienziato del progetto MRO, Rich Zurech, del famosissimo JPL (”Jet Propulsion Laboratory”) di Pasadena, dice “Questa missione è destinata a facilitare il coordinamento e i contatti rapidi tra i vari team di scienziati e questo fa sì che si possano trovare e comprendere caratteristiche che evolvono così rapidamente”.

Proprio questo ghiaccio, portato alla luce da crateri di impatto recenti, fa pensare al fatto che il Viking Lander 2 della NASA, scavando a medie latitudini di Marte nel 1976, avrebbe potuto incontrare del ghiaccio se avesse scavato appena 10 centimetri più a fondo. (ndr: caspita, che sfortuna!). La missione Viking 2, composta di un Orbiter e di un modulo di atterraggio, era stata lanciata nel settembre 1975 ed era stata una delle prime due sonde ad atterrare con successo sul suolo marziano. I moduli di atterraggio dei Viking 1 e 2 avevano permesso la caratterizzazione della struttura e della composizione dell’atmosfera e della superficie di Marte. Avevano anche eseguito degli esperimenti biologici per la ricerca della vita in un altro pianeta.



Pierluigi Panunzi
www.astronomia.com

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