Leonardo influenzato dalla cultura cinese


“Il Rinascimento è figlio dei cinesi” Uno studioso: le loro invenzioni influenzarono Leonardo
zheng_he_mapLe risaie lombarde, le più grandi invenzioni di Leonardo da Vinci e le mappe fiorentine che accompagnarono il viaggio di Cristoforo Colombo sono «made in China». Ad affermarlo sono le 368 pagine di «1434», il libro scritto da Gavin Menzies – ex comandante di sottomarini della Marina di Sua Maestà britannica – nel quale si sostiene la tesi che ad innescare il Rinascimento che cambiò il corso della civiltà occidentale fu la flotta dell’ammiraglio Zheng He, salpata alla volta dell’Europa durante il regno di Zhu Di che aveva grande interesse a rimpinguare le proprie casse moltiplicando i commerci con le esportazioni, dalle ceramiche più pregiate fino alle conoscenze enciclopediche.
Gavin, già autore del best seller «1421, l’anno in cui la Cina scoprì il mondo», confeziona la provocatoria costruzione storica come un’indagine condotta in più Continenti con la metodologia di un investigatore privato.
Accompagna il lettore sui luoghi dove afferma di aver trovato le «prove» che dimostrando quanto la Cina ha contributo a creare l’Occidente che noi conosciamo.
Il punto di partenza dell’indagine storica sono le dettagliate mappe che possedeva Zheng He, frutto di esplorazioni risalenti al 1280. Quelle cartine erano basate sul fatto che – come afferma uno studio dell’Università di Xiamen pubblicato quasi in contemporanea con il libro – i cinesi erano in grado di misurare longitudine e latitudine con una notevole approssimazione rispetto alla realtà. E’ proprio grazie a questa cartografia molto avanzata che quando Zhu Di assegna a Zeng He il compito di salpare verso Venezia – considerata l’ambito epicentro dei commerci dell’epoca – gli consegna la mappa che consente di attraversare via nave l’Egitto quattro secoli prima della costruzione del Canale di Suez.
4426822Il corso all’epoca era un canale d’acqua dolce che diventava navigabile solo «da giugno a settembre» quando il fiume Nilo straripava, consentendo ai grandi cargo carichi di merci di passare dal Mar Rosso al porto di Ismailya, sul Mar Mediterraneo. L’autore afferma di essere andato sul posto, aver verificato la fattibilità del percorso ed aver trovato ulteriori prove dell’esistenza della via d’acqua ricorrendo alle mappe satellitari accessibili attraverso il sito di Google Earth.



Arrivate nelle acque calde del Mediterraneo, le quattro navi di Zheng He scelsero come propria base l’isola dalmata di Hvar, nel golfo di Kotor sul Mar Adriatico, perché era a metà strada fra Alessandria e Venezia. Menzies ha perlustrato Hvar, oggi croata, quasi palmo a palmo, e vi ha trovato espressioni mongole nel dialetto locale nonché impronte cinesi nell’agricoltura attorno ai villaggi di Vrbanj, Svirce e Bogomolje dove uno studio del Dna dei residenti ha svelato la presenza di particolari cromosomi che distinguono in genere le popolazioni di origine cinese e vietnamita.
«Su quest’isola vissero uomini e donne cinesi» afferma l’autore. Sarebbero state proprio le navi di Zheng He a portare in Croazia la prima mappa del globo che fu poi copiata dal veneziano Albertin di Virga e ritrovata per caso da un antiquario viennese a Srebrenica, in Bosnia, nel 1911. A provare lo sbarco della flotta imperiale a Venezia, secondo l’autore del saggio, è un dipinto di Pisanello, datato fra il 1433 e il 1438, conservato a Verona, nel quale è raffigurato con dovizia di particolari un ammiraglio mongolo con l’uniforme dell’epoca assieme a soldati cinesi, bufali d’acqua tipici dell’Asia e soprattutto delle navi le cui sembianze sono assai simili a quelle di Zheng. Per essere sicuro di poter considerare il dipinto la «prova decisiva», Gavin Menzies è andato al museo del Louvre, a Parigi, incrociando la raffigurazione dell’ammiraglio mongolo con altre della stessa epoca.
Dal doge al Papa
È sulla base di tale conclusione che il libro procede, nella seconda parte, a descrivere l’impatto dell’arrivo in Italia di Zheng He, la cui delegazione incontrò tanto il Doge che, in occasione di una tappa romana, il Pontefice Eugenio IV.
In questo caso a documentare «l’impatto cinese» sono tre fonti di prova: le carte geografiche, i disegni di Leonardo da Vinci e la ristrutturazione dei canali acquatici della Lombardia. Fra le mappe vi sono quelle poi servite a Martin Alonso Pinzon, capitano della spedizione di Colombo che scoprì le Americhe, a varcare l’Atlantico perché adoperò una carta disegnata dall’astronomo fiorentino Paolo del Pozzo Toscanelli che a sua volta aveva consultato le mappe di Zheng He. I disegni di Leonardo coprono decine di pagine di «1434» perché l’autore pubblica molteplici illustrazioni tratte dal Codice di Madrid e dal Codice Atlantico affiancandole a disegni assai simili fatti da Su Sung nel 1090 e da Shan Hai Kuag Chu nel II secolo. Si tratta in particolare delle ruote addentellate, delle catene mobili, delle macchine volanti e dei cannoni mobili.
I canali
Altri disegni cinesi descrivono invece l’arte della canalizzazione dell’acqua che a seguito dell’arrivo delle navi cinesi a Venezia venne ripetuta in Lombardia, attorno all’area di Milano, con il risultato di collegare Pavia e il fiume Po in maniera da creare le condizioni per le coltivazioni di riso, che fino a quel momento non esistevano nella Penisola.
L’ipotesi del Rinascimento con gli occhi a mandorla è molto affascinante. Tuttavia, per sua stessa ammissione l’autore riconosce di non essere in grado di ricostruire come e quando i componenti delle delegazioni cinesi trasferirono le loro conoscenze a Roma, Venezia e Firenze ma la somma fra le prove sul viaggio realmente avvenuto e sulle concrete conseguenze che ne scaturirono lo portano ad affermare che il Rinascimento italiano debba molto al coraggio, all’intraprendenza e soprattutto ai segreti cinesi dell’ammiraglio che venne dal Lontano Oriente.
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