Freeman Dyson: “non escludo l’esistenza degli extraterrestri”
Ecco che riproponiamo un intervista interessantissima al fisico matematico Freeman Dyson, effettuata dal matematico e fisico italiano Piergiorgio Odifreddi e che apparve sul quotidiano “La Repubblica” del giorno 18 settembre 2000. Buona lettura.Secondo la leggenda, Vishnu ha due regine: Lakshmi, dea della prosperità, e Sarasvati, dea della saggezza. Essendo spose dello stesso uomo, le due sono rivali: ogni volta che una conferisce i propri doni a qualcuno, l’altra gli nega i suoi. Per questo i ricchi non sono saggi, e i saggi non sono ricchi.
Una volta, i saggi che volevano rimediare alla povertà dovevano bazzicare per corti e palazzi. Perdendo presto, ovviamente, la saggezza. Oggi alcuni eletti possono seguire un’altra strada, e diventare membri dell’Istituto degli Studi Avanzati di Princeton: una verde oasi creata negli anni ‘30 per riprodurre i vantaggi delle corti senza gli svantaggi. In particolare, i membri dell’Istituto sono pagati solo per pensare, e non devono preoccuparsi di scrivere, pubblicare, insegnare e fare esami.
L’Istituto ha annoverato fra i suoi professori Einstein, Gödel e Von Neumann: ovvero, gli astri più luminosi della fisica, della logica e della metematica moderne. L’abbiamo visitato per intervistare uno dei suoi fortunati membri: il fisico-matematico Freeman Dyson, un originale scienziato che è anche un divulgatore di fama.
La sua esperienza nel nucleare va dalla progettazione pratica di minireattori utilizzati in medicina alle riflessioni teoriche del suo primo fortunato libro, Armi e speranza (Boringhieri, 1984).
Una volta, i saggi che volevano rimediare alla povertà dovevano bazzicare per corti e palazzi. Perdendo presto, ovviamente, la saggezza. Oggi alcuni eletti possono seguire un’altra strada, e diventare membri dell’Istituto degli Studi Avanzati di Princeton: una verde oasi creata negli anni ‘30 per riprodurre i vantaggi delle corti senza gli svantaggi. In particolare, i membri dell’Istituto sono pagati solo per pensare, e non devono preoccuparsi di scrivere, pubblicare, insegnare e fare esami.
L’Istituto ha annoverato fra i suoi professori Einstein, Gödel e Von Neumann: ovvero, gli astri più luminosi della fisica, della logica e della metematica moderne. L’abbiamo visitato per intervistare uno dei suoi fortunati membri: il fisico-matematico Freeman Dyson, un originale scienziato che è anche un divulgatore di fama.
La sua esperienza nel nucleare va dalla progettazione pratica di minireattori utilizzati in medicina alle riflessioni teoriche del suo primo fortunato libro, Armi e speranza (Boringhieri, 1984).
| Cosa pensa dell’energia atomica? |
“Non ne sono particolarmente entusiasta.
Direi di essere abbastanza neutrale al riguardo. Penso che i pericoli e i vantaggi dell’energia atomica siano stati assolutamente esagerati. Sia i sostenitori che i denigratori ne hanno sopravvalutato il potenziale. A mio avviso, si tratta soltanto di un altro modo per produrre elettricità.
Se potesse essere più a buon prezzo, sarebbe meglio. Naturalmente sono contrario alle bombe anche se spesso l’opinione pubblica non sembra comprendere la differenza”.
Direi di essere abbastanza neutrale al riguardo. Penso che i pericoli e i vantaggi dell’energia atomica siano stati assolutamente esagerati. Sia i sostenitori che i denigratori ne hanno sopravvalutato il potenziale. A mio avviso, si tratta soltanto di un altro modo per produrre elettricità.
Se potesse essere più a buon prezzo, sarebbe meglio. Naturalmente sono contrario alle bombe anche se spesso l’opinione pubblica non sembra comprendere la differenza”.
| Nel 1958, però, lei progettava navicelle spaziali con bombe atomiche come propellente. |
“Beh, eravamo giovani, e dal punto di vista tecnico era un’ottima idea. Si trattava di mettere un migliaio di bombe atomiche nel serbatoio, e detonarne un paio al secondo per salire al cielo: boom, boom,… Noi volevamo farlo ma, per fortuna o sfortuna, non ottenemmo l’autorizzazione”.
| Volevate farlo per andare dove? |
“Soprattutto sui pianeti. Eravamo interessati a Marte, a Saturno, ai satelliti di Giove. E naturalmente avremmo voluto andare su Europa, dove adesso sappiamo che esiste un profondo oceano. Avremmo scoperto cose molto interessanti, se mai fossimo andati”.
| Magari altre forme di vita. Nell’Origine della vita |
| (Boringhieri, 1987) lei ha proposto una teoria su come è nata quella che conosciamo. |
“Il software della vita è rappresentato dal genoma, che codifica le istruzioni per la costruzione di una creatura vivente. L’hardware è rappresentato dalle proteine, la macchina chimica che elabora le istruzioni del Dna. Alla domanda “chi è nato prima”? i biologi ortodossi rispondono: i geni. Io la penso esattamente al contrario, e rispondo: le proteine. L’idea è che l’hardware può esistere senza il software, ma il software non può esistere senza l’hardware”.
| Il suo modello semplificato ha alcune caratteristiche interessanti: ad esempio, una simmetria tra la vita e la morte. Possiamo dedurne che non sono le divinità, ma gli organismi rudimentali a risorgere o vivere in eterno? E che la morte è il prezzo da pagare per poter vivere una vita interessante? |
“Direi proprio che sia così. Bisogna essere molto semplici per vivere in eterno o resuscitare: è necessario mantenere un’organizzazione, o farla emergere spontaneamente dal caos, il che avviene tanto più facilmente quanto meno c’è complessità”.
| In Infinito in ogni direzione (Rizzoli, 1989) lei ha affrontato un problema complementare. Crede che ci sarà sempre vita nell’universo? |
“Non dico di crederci. Ho soltanto voluto vedere se le leggi della fisica o della chimica permettono alla vita di continuare per sempre. Penso che sia una buona domanda, alla quale ho risposto dimostrando che la possibilità non è esclusa”.
| Sarebbe però una vita molto diversa dalla nostra, che è destinata a terminare abbastanza presto insieme al sistema solare. |
“Se la vita riuscirà a sopravvivere, lo farà soltanto modificando ripetutamente la propria forma. Ciò che io ho in mente è qualcosa come La nuvola nera di Fred Hoyle: una grande nuvola di polvere interstellare, con segnali e sistemi elettromagnetici al posto di nervi e muscoli, che necessita soltanto di luce stellare e di sostanze chimiche che può raccogliere nello spazio. Naturalmente, esistono molte altre possibilità”.
| Queste idee mi fanno venire in mente una frase di Primo Levi: “La miglior fantascienza è la scienza”. Nel suo ultimo libro, Il sole, il genoma e Internet (Boringhieri, 2000), lei prosegue nel genere, immaginando ad esempio piante a sangue caldo. |
“Si tratta di piante omeoterme, che si rendono indipendenti dalla temperatura e dall’atmosfera in cui vivono circondandosi di una serra, proprio come gli orsi polari sviluppano una pelliccia, o le tartarughe un guscio, per proteggersi dall’ambiente.
Magari su Marte o su Europa già ci sono, e potremmo cercarle: dovrebbe essere facile individuarle dalle loro perdite, a meno che le serre non siano perfette. Sulla Terra potremmo costruirle noi, quando avremo imparato a progettare geneticamente le piante”.
Magari su Marte o su Europa già ci sono, e potremmo cercarle: dovrebbe essere facile individuarle dalle loro perdite, a meno che le serre non siano perfette. Sulla Terra potremmo costruirle noi, quando avremo imparato a progettare geneticamente le piante”.
| C’è una soluzione “vegetale” ai problemi energetici? |
“Già oggi siamo in grado di produrre combustibili chimici dalle piante: si coltiva la canna, si produce l’alcol fermentando lo zucchero, e lo si usa come combustibile industriale. Funziona, ma è più caro che importare petrolio. In futuro potremmo progettare una foresta alimentata dal sole, le cui piante sintetizzano idrocarburi che finiscono direttamente in oleodotti sotterranei. Sarebbe una bella soluzione a tanti problemi”.
| E progettare animali? |
“Questo è un problema più delicato. Più ci si avvicina all’ uomo, maggiori sono i problemi di carattere etico. Possiamo già fare moltissimo con le piante, senza dover affrontare queste domande”.
| A proposito di etica e morale, lei ha ricevuto quest’anno il Premio Templeton, che costituisce l’analogo del Premio Nobel per la religione. La scienza sta forse sostituendo la teologia? |
“In un certo senso è così. Oggi sono gli scienziati a scrivere testi destinati al grande pubblico. Filosofi e teologi tendono a diventare sempre più tecnici, e a scrivere in un modo che soltanto loro sono in grado di comprendere. Non so quale sia la ragione, né cosa ne pensi il signor Templeton”.
| Visto che siamo in argomento, qual è la sua idea di Dio, ammesso che ne abbia una? |
“Noi abbiamo una mente, e quindi esiste una componente mentale dell’universo nella quale siamo integrati. Possiamo anche chiamarla Dio, ma è solo un modo razionale di guardare alle cose. Io definisco Dio come una Mente sviluppatasi a un livello tale che non siamo in grado di comprenderla”.
| Una sorta di inconscio collettivo, o di Internet. Ma esiste qualche legame fra questo Dio superumano e la natura? |
“Il cervello mediante il quale compiamo le nostre scelte è costituito di atomi. Gli atomi sono attivi, e sembrano fare scelte imprevedibili. Possiamo dire che questa sia la manifestazione di una Mente nel senso di un’Anima Mundi, più che di un Dio tradizionale”.
Posted in: ASTRONOMIA, EXTRATERRESTRI, INTERVISTA, MARTE, PIANETI, SATURNO, UNIVERSO, VITA on venerdì 18 dicembre 2009 at alle 04:33




